domenica 31 luglio 2011

BARONI ANCHE I MINISTRI AL GOVERNO?


Il governo ha più volte presentato la ‘riforma’ dell’università (legge 240/2010) come un fiore all’occhiello. L’ha citata ripetutamente tra i risultati migliori del triennio di governo, l’ha presentata come una riforma che superava l’epoca buia dei baroni, che apriva nuove strade ai giovani.

Oggi, mentre è sempre più evidente che i baroni sono sempre al loro posto e che i giovani incontrano ulteriori difficoltà a farsi largo nell’università e nella ricerca, viene da chiedersi ciò che pochi si sono chiesti. Perché il governo ha lavorato solo sull’università e sulla sua ‘riforma’? Perché non rivolgersi a una delle sette «missioni» che il Pdl presentò come prioritarie lanciando il suo programma per le elezioni del 2008? Rilanciare lo sviluppo, sostenere la famiglia, maggiore sicurezza e giustizia, servizi ai cittadini, Sud Italia, federalismo e piano straordinario di finanza.

Di questi sette punti ne potevano essere avviati alcuni con poche azioni mirate, invece poco o nulla è stato fatto: il federalismo fiscale sarà un peso sulle spalle dei cittadini; la sicurezza e la giustizia vengono proclamate solo per mettere al sicuro il ‘capo’ dai rischi giudiziari; il sud resta dov’è coi suoi problemi; la famiglia è un bell’orpello da usare nei talk-show e le grandi opere vivacchiano all’ombra del Ponte sullo Stretto.

Allora, di fronte a questa sequela di fallimenti e di mancate promesse, viene da domandarsi perché il governo ha smosso mari e monti per realizzare una ‘riforma’ universitaria che non era certo l’urgenza delle urgenze del Paese.

La risposta è, come al solito, composta da più motivi. Prima di tutto gli insegnanti sono personaggi ‘infidi’. Insegnano – chi bene, chi male, per carità – cultura e trasmettono istruzione; formano i cittadini di domani, hanno tra le mani – sia detto senza retorica – il futuro dei giovani che da loro traggono ispirazione e consiglio. Gli insegnanti, tutti, avevano o hanno il loro orientamento politico diversificato ma se hanno fatto bene il loro lavoro – e nulla impedisce di pensare che in gran parte lo abbiano fatto bene – hanno insegnato a pensare a tante persone che oggi votano, ragionano, capiscono meglio ciò che gli succede intorno. In una società televisiva, fondata sull’apparenza e sull’«intrattenimento», un insegnante è un pericoloso maestro di dissenso.

Chi ti propone Dante o ti insegna a leggere un filosofo o ti fa capire come leggere un bilancio societario non è amico di chi fa della mediocrità il suo target preferito: «Il pubblico italiano non è fatto solo di intellettuali, la media è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco… È a loro che devo parlare» (S. Berlusconi, «Corriere della Sera», 10 dicembre 2004). Importante quindi che il ragazzo in questione non venga promosso, resti un bambinone al quale si può far credere tutto e il contrario di tutto.

Colpire la scuola, annichilire le università tagliando loro i fondi, cercare di trasformarle in «fondazioni associative» (come da programma del Pdl) è un modo per eliminare possibili fonti di dissenso, luoghi di formazione di pensiero critico.

E sempre per questo motivo le proteste di chi si è opposto a questo andazzo sono state presentate dal governo come azioni di difesa dei baroni: i ricercatori protestavano e venivano chiamati baroni, mentre i baroni veri, quelli che in fondo un accordo con il governo riescono sempre a trovarlo, anche dall’area dell’opposizione, se ne stavano zitti e tranquilli e riemergono solo adesso per dichiarare (comunicato Crui del 22 luglio) quanto sono pesanti i tagli attuati prima e dopo la legge Gelmini.

Chi pensa dà noia, lo ha sempre fatto; chi sta zitto noia ne dà molto meno, meglio se privo degli argomenti per protestare. Ma oltre a questo c’è da dire che il governo sa di non potere avere grande seguito nelle università e nelle scuole, e quindi le colpisce. La sdegnosa liquidazione dell’intellettualità come «culturame» dà bene il senso dell’operazione «scuola e università»: non saranno mai dei nostri, non saranno mai controllabili, rendiamoli impotenti e inutili. Ci stanno riuscendo?

E, soprattutto, l’opposizione ha intenzione di contrastarli? (al prossimo post per quest’ultima domanda).

Piero Graglia

sabato 30 luglio 2011

LA RIORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI CENTRALI DELL'ATENEO CON IL PASSAGGIO DALLE "RIPARTIZIONI" A 7 "AREE" SEMBRA SIA STATA "... CONGELATA" (fino a che non saranno chiare le competenze esistenti e quelle necessarie)



La proposta di riorganizzazione degli uffici dell’amministrazione centrale contenuta nel presente documento si caratterizza per i seguenti elementi.

ANALISI DI CONTESTO

A valle del processo di riorganizzazione che ha interessato i dipartimenti e il sistema bibliotecario, l’ateneo è attualmente impegnato nel percorso di attuazione della legge 240/10 che in modo significativo determinerà rivisitazioni della struttura dell’ateneo nei seguenti aspetti:
·   composizione degli assetti di governo;
·   regolamentazione e funzionamento della governance di ateneo;
·   sistema contabile e di controllo economico – finanziario (passaggio alla contabilità economico patrimoniale e analitica);
·   sistema di reclutamento e di progressione di carriera del personale docente e ricercatore;
·   programmazione e gestione dell’offerta formativa;
·   programmazione e gestione delle attività didattiche e di ricerca del personale docente e ricercatore;
·   programmazione e valutazione della didattica, della ricerca e della gestione in relazione ai fini istituzionali e all’entità dei finanziamenti correlati;
·   rapporti con il territorio in ambito nazionale e internazionale;
·   rilevanza della qualità e quantità dei risultati conseguiti ai fini del riparto dei finanziamenti statali

Tutti gli aspetti sopra richiamati contribuiscono a porre al centro dell’attenzione l’esigenza di dotarsi di una struttura organizzativa in grado di governare e gestire in modo efficiente ed integrato le novità prospettate e in modo maggiormente coordinato le funzioni attualmente svolte che presentano in misura più o meno rilevante i seguenti aspetti di criticità:

·   difficoltà di coordinamento strutturale tra uffici, parzialmente compensato dalle doti e capacità relazionali/professionali dei singoli;
·   sovrapposizioni di funzioni (e adozione di procedure differenziate) o mancanza di presidio di funzioni tra uffici;
·   accentramento delle funzioni di “coordinamento operativo” prevalentemente in capo alla Direzione amministrativa;
·   presenza di un elevato numero di unità organizzative composte da poche unità di personale (2-4).
·   compresenza di attività, uffici, professionalità che operano in contesti e modalità ad alto tasso di informatizzazione e altri a scarso tasso di informatizzazione con conseguente difficoltà di integrazione nella catena dei processi organizzativi comuni;
·   compresenza di uffici, professionalità che operano seguendo processi standard consolidati e mappati e altri scarsamente formalizzati e valutabili;

OBIETTIVI

La progettazione della nuova struttura organizzativa persegue i seguenti obiettivi:
·   mettere al centro dell’attenzione il servizio all’utenza interna ed esterna;
·   applicare in modo “pulito e razionale” il passaggio alla contabilità economico patrimoniale che è prima di tutto un nuovo sistema organizzativo e solo in seconda battuta un nuovo sistema contabile;
·   chiarire in modo puntuale “chi fa che cosa” e i momenti di integrazione richiesti tra gli uffici, sottolineando che nella complessità attuale non può esistere una netta separazione di compiti e funzioni tra gli uffici e che l’integrazione dei processi dipende sia da aspetti strutturali (organizzazione, ruoli, informatizzazione, reingegnerizzazione processi, ecc) sia da aspetti manageriali (competenze, relazioni, capacità di ascolto e dialogo, ecc..);
·   uniformare centralmente le funzioni per cui il beneficio derivante alla standardizzazione dei processi è superiore al costo indotto dalla adozione di soluzioni personalizzate, con particolare riferimento alle funzioni a basso valore aggiunto per l’utente e a quelle che richiedono alto intensità di valore nell’impiego e aggiornamento di competenze professionali avanzate;

SOLUZIONE PROSPETTATA

La soluzione prospettata prevede un’articolazione della struttura organizzativa in:
·       1 Direzione generale;
·       7 Aree di responsabilità concentrate su 3 dimensioni di servizio: 
Area amministrazione e Bilancio, Area Organizzazione e Personale – DIMENSIONE GESTIONALE 
Area servizi per la didattica, Area servizi per la ricerca, Area comunicazione – DIMENSIONE PRODUTTIVA
Area edilizia e logistica,  Area servizi informativi e multimediali: DIMENSIONE INFRASTRUTTURALE

·       3 Uffici di staff specialistico che forniscono servizi specifici di supporto, programmazione, valutazione e controllo in modo trasversale alla Direzione generale e alle 7 Aree di responsabilità:
o      Servizio Affari generali e istituzionali
o      Sviluppo Organizzativo e Controllo Direzionale;
o      Servizio Prevenzione e Protezione;

martedì 26 luglio 2011

Per l'Università pubblica



“Perché nessuno ci ha pensato prima?” verrebbe da dire… Roberto Perotti, autore indimenticato de L’Università truccata e Luigi Zingales, che come cura d’urto ha proposto di vendere tutto il patrimonio immobiliare pubblico non necessario al funzionamento dell’amministrazione (misura quanto mai opportuna, soprattutto in momenti di contrazione del mercato immobiliare, quando puoi sperare forse di recuperare le bucce delle banane che hai già mangiato e digerito…); Perotti e Zingales, dicevo, propongono sul Sole 24 Ore la loro ricetta semplice semplice per il pareggio del bilancio corrente dello Stato, allineando una dopo l’altra una serie nutrita di misure che qui sarebbe troppo lungo descrivere puntualmente. Va detto soltanto che si tratta di misure che, dietro una patina di rigore e di demagogia, sono del tutto prive di quella progressività che, quando si parla di imposizioni di tipo fiscale, dovrebbe essere la norma, se non altro perché è la stessa Costituzione a imporlo.


In particolare, colpisce l’adesione a quella che ormai si sta configurando come una vera e propria moda tra alcuni economisti italiani: proclamare la necessità dell’aumento delle rette universitarie per ottenere un risparmio, udite udite, di almeno 3 miliardi. Qui si tocca l’ennesimo punto dolente, quasi una fissazione per gli autori. Il tutto si fonda sulla presunzione che l’università sia frequentata “soprattutto dai ricchi”, che è obiettivamente una stupidaggine: vera forse se si prendono ad esempio università private come la Bocconi, ma assolutamente falsa se solo si infila il capo nella realtà di una normale, civilissima e affollata università pubblica. E’ soprattutto il ceto medio a pagare le rette universitarie, un ceto medio-basso, che vede nell’università un ascensore sociale fondamentale. Il fatto che questo ascensore funzioni a balzelloni spinge a lavorare sulla qualità e non giustifica la dichiarata necessità di aumentare le rette universitarie.


Una vecchia lezione einaudiana, ormai dimenticata, indicava nell’istruzione e nella formazione una spesa fondamentale per lo stato, un onere irrinunciabile; gli autori invece cercano ormai da tempo, in alleanza e fattiva collaborazione con altri (i fratelli Ichino, ad esempio) di mutare la spesa per istruzione scolastica e università e ricerca in una voce da sottoporre alla logica del profitto. Non c’è profitto in un investimento nella scuola e nell’università, solo l’attesa e la speranza di creare cittadini migliori, più istruiti, consapevoli e coscienti. Poi anche quella quota di insegnanti e formatori necessari a una società industriale evoluta; scienziati, ricercatori e studiosi. L’istruzione è un costo fondamentale e irrinunciabile, non delegabile alle famiglie (che già la pagano versando le imposte all’erario), tanto meno a ipotetici prestiti studenteschi e a improvvisate “fondazioni per il merito”.


L’Italia è l’unico Paese occidentale dove le borse di studio non sono date a tutti gli aventi diritto, dove l’espressione “diritto allo studio” vuole spesso dire tutto tranne che controlli sugli esorbitanti affitti al nero che gli studenti pagano a causa di inesistenti alloggi dedicati, servizi mirati, agevolazioni e sostegni. Invece di intervenire su questi limiti si ripete ormai come un mantra magico che bisogna aumentare le rette universitarie e, per chi non può pagarle, un bel prestito che restituirà se e quando potrà. Non si coglie neppure per un istante l’umiliazione latente in questa formula per chi fosse costretto a chiedere uno di questi prestiti, né si considerano i dubbi e le perplessità che tale sistema ha sollevato laddove è stato applicato per anni (gli Stati Uniti, per esempio). E’ irritante dover insegnare continuamente la lezione liberale a personaggi che liberali si dicono e non sono. Ma soprattutto è desolante vedere che si continua a perseguire la via delle ricettine nazionali, quando tutto intorno a noi, dalla moneta ai comportamenti sociali ci dice che ciò che serve è un governo europeo dell’economia e il superamento di ventisette distinte politiche di bilancio. Gli economisti, felice genìa che ragiona per il futuro restando attaccata al presente in maniera conservatrice, non vedono questo o se lo vedono se lo dimenticano subito.


Non saranno le rette universitarie a salvare l’Italia, né la necessaria lotta a un’evasione fiscale monstre di più di 120 miliardi annui: sarà prendere finalmente coscienza che l’Italia stessa, i suoi sistemi di istruzione, i suoi servizi sociali, la sua pubblica amministrazione sono parte costitutiva di un’Unione europea che o si salva tutta insieme o tutta insieme va a fondo, università compresa. Persino Sarkozy lo ha capito, speriamo lo capiscano anche i progettisti dell’ovvio nostrani.


di Piero Graglia

venerdì 22 luglio 2011

ANCHE LA CONFERENZA DEI RETTORI E' CONSAPEVOLE DEL DISASTRO CHE SI CONFIGURA ALL'ORIZZONTE

BOZZA DI MOZIONE CRUI. 
Assemblea Generale - Roma, 21 luglio 2011

La CRUI ha incontrato nei giorni scorsi il Ministro Gelmini in occasione della Giunta del 6 luglio u.s. e, successivamente, il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano il 20 luglio u.s. In tali sedi è stato evidenziato il positivo contributo che l’Università italiana, pur in un momento di obiettive difficoltà, ha offerto alla crescita del Paese.
Le cifre sono eloquenti a riguardo. I corsi di studio hanno subìto una razionalizzazione accompagnata da una forte riduzione nel numero dei docenti; la capacità degli Atenei di porsi al servizio dei Territori e del mondo dell’impresa è comprovata dal significativo incremento delle attività di ricerca e di supporto al trasferimento tecnologico; ben oltre la metà degli Atenei ha già completato il processo di riforma statutaria di cui alla L. 240/2010, con risultati sovente innovativi specie nella promozione del merito in tutte le sue forme.
A questo lavoro svolto si aggiungono inoltre i risultati certificati a livello internazionale e le eccellenze che il nostro Paese esprime. Le eccellenze si concretizzano nella preparazione dei giovani e nella loro capacità di affermarsi anche fuori dal nostro Paese.
Questo sforzo compiuto e tutti i successi riconosciuti verranno irrimediabilmente compromessi alla luce dell’ulteriore taglio di più del 5% del FFO previsto per il 2012. Il taglio complessivo subìto dal sistema universitario italiano nel triennio 2010-2012 non ha eguali nel contesto internazionale: toccherà il 12% che diviene il 18% se vi si aggiungono gli effetti dell’inflazione. Né può essere passato sotto silenzio il taglio superiore al 50% del contributo alle Università non statali.
Per la prima volta, a legislazione vigente, l’FFO del 2012 risulterà inferiore per circa 300 mln di euro al valore delle spese per stipendi e assegni fissi, al netto – si badi bene - dei risparmi derivanti dalle cessazioni e malgrado gli stipendi siano nominalmente bloccati. A questi si devono necessariamente aggiungere gli almeno 100 mln di euro che mancano dal fondo per il diritto allo studio, in pratica azzerato per il prossimo biennio.
L’alta formazione è un investimento per il futuro e non una semplice spesa tanto più importante nei momenti di forte disagio economico e sociale come quelli che il Paese sta vivendo. Solo partendo da questo riconoscimento e consapevoli del percorso compiuto in questi anni si potrà dare una prospettiva a un’intera generazione di giovani.
La CRUI è disponibile ad aprire una discussione con tutti i soggetti istituzionali che condividano l’importanza dell’alta formazione per la costruzione di un Paese competitivo e nuovamente in crescita, con lo scopo di fornire proposte per un nuovo modello di sviluppo attraverso il sistema universitario.

giovedì 21 luglio 2011

IL TESTO FINALE DELLO STATUTO DELL'UNIVERSITA' DI UDINE E' STATO INOLTRATO AL MIUR


SARA' SOTTOPOSTO AL CONTROLLO DEL MINISTERO


Per la lettura dell'articolato clicca qui

Progetti di ricerca finanziati - PRIN 2009



Si conclude la vicenda del bando PRIN 2009, pubblicato nel 2010 i cui esiti si vedono ora con emanazione di metà luglio 2011.

A quando i bandi 2010 e 2011 ? 
Nel dicembre 2012 ?
Forse avevano ragione i Maya...

 Il D.M. 14 luglio 2011 n. 404 presenta l'elenco dei PRIN 2009 finanziati. La data di decorrenza è fissata al 17 ottobre 2011.


Per scaricare gli atti ministeriali relativi al PRIN 2009 clicca qui
Per consultare il sito Cineca (elenco progetti per area CUN finanziati clicca qui 


Elenco Coordinatori Scientifici ammessi al cofinanziamento 2009
Ateneo: Università degli Studi di UDINE

Coordinatore Area Finanziato Titolo
1.ANTONINI Alfredo12229.900La disciplina della navigazione da diporto fra autonomia e specialità
2.CONTE Lanfranco03213.402Applicazione di tecniche analitiche strumentali e chemometriche avanzate alla definizione del profilo dei triacilgliceroli e degli esteri lineari degli oli vegetali alimentari ai fini della valutazione della genuinità e della tracciabilità geografica
3.FURLAN Caterina10122.072I cardinali della Serenissima: arte e committenza tra Venezia e Roma (1523-1605)
4.ORIOLES Vincenzo10244.870Metalinguaggio della linguistica. Modelli e applicazioni
5.PINTON Roberto07241.302Efficienza d'uso dello zolfo: meccanismi di acquisizione, processi rizosferici e interazione con altri nutrienti
6.RIEM Antonella1088.440'Parola creativa' e 'termine scientista' nelle lingue e letterature in inglese: modelli interculturali e di partnership
7.SPECOGNA Ruben09139.570Un sistema innovativo basato sulla tomografia ad impedenza elettrica (EIT) per l'imaging "in vitro" dell'emostasi
8.ZANOLIN Fabio01100.560Equazioni Differenziali Ordinarie e Applicazioni
 Totale:    1.380.116 

mercoledì 13 luglio 2011

Lettera al Magnifico Rettore dell'Università di Bologna








Al Prof. Ivano Dionigi
Magnifico Rettore dell'Università di Bologna

Rettore Magnifico,

la presente nostra prende spunto dalla recente consultazione del personale, strutturato e non, dell'Ateneo. A prescindere dai contenuti e dagli esiti, la nostra iniziativa ha dimostrato, in modo inequivocabile, quanto gradimento riscuota l'opportunità di impiegare le nuove tecnologie telematiche per realizzare la massima partecipazione democratica alle scelte fondamentali della nostra comunità. Riscontriamo positivamente che il nuovo statuto all'art. 3.2 prevede il ricorso a tali strumenti di cui auspichiamo un utilizzo sistematico.

Dall'altra parte, ci si avvia decisamente all'assunzione di determinazioni che saranno di estrema importanza per il futuro della nostra comunità, senza tenere in alcun conto l’esito di tale consultazione in merito ad alcuni nodi importanti sulla governance dell'Ateneo. Ciò sta avvenendo in assenza di adeguati segni di attenzione verso l'istanza democratica e partecipativa che si è espressa nel recente referendum sullo statuto e senza valutare l’opportunità di dare più tempo alla discussione per allargare la condivisione e il consenso sulle scelte di fondo. Ci auguriamo che gli organi accademici diano prova di sensibilità democratica nell'individuare gli strumenti adeguati, inclusa la consultazione telematica, per misurare il grado di adesione con il quale la comunità accoglie le nuove scelte statutarie.

Questa Intersindacale valuterà in ogni caso l'opportunità e la possibilità di indire autonomamente una consultazione fra tutto il personale per rilevare il grado di condivisione rispetto al nuovo Statuto di Ateneo.

Con i più Distinti Ossequi

 L'intersindacale dell'Università di Bologna

domenica 10 luglio 2011

Documento unitario dell'Intersindacale del 30.06.2011

ADI, ADU, AND, ANDU, APU, CISAL-Università, CISL-Università, CONFSAL-SNALS-CISAPUNI, CoNPAss, CPU, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, CONFSAL-SNALS-CISAPUNI, SUN, UDU, UGL-Università, UILPA-UR, USB-Pubblico impiego


Le organizzazioni sindacali e le associazioni universitarie, rappresentanti dei docenti, dei tecnico-amministrativi, dei precari e degli studenti, esprimono forte preoccupazione per la situazione dell’Università statale in Italia e per le sue prospettive.
Dopo la  formulazione del documento unitario “Per la democrazia negli statuti degli atenei italiani”, si deve constatare che le previsioni legate alle molte criticità della legge si stanno purtroppo realizzando.
Se da un lato il governo è in ritardo nell’emanazione dei previsti decreti attuativi – prolungando la paralisi di diversi aspetti delle attività universitarie – la redazione degli statuti nella maggior parte delle sedi non sta tenendo conto dei principi di partecipazione democratica evidenziati nel documento unitario.
In molte sedi le Commissioni (quasi mai individuate attraverso un’elezione dei componenti) non sembrano riuscire ad avere reale autonomia di manovra, in un processo che rimane guidato dagli establishment preesistenti. Nel complesso si delinea una Università fortemente verticistica e modellata – anche in seguito all’impronta della legge che  è del tutto evidente non migliora la situazione precedente e comprime ulteriormente gli spazi di libertà ed autonomia garantiti dalla Costituzione.
In questo quadro le organizzazioni e le associazioni universitarie ribadiscono alcuni principi irrinunciabili per l’Università statale, la quale deve operare per il bene comune, come motore fondamentale dello sviluppo sociale e culturale del Paese e deve restare, attraverso la formazione delle cittadine e dei cittadini, presidio di partecipazione consapevole alla vita politico-sociale della comunità.
 
GESTIONE DEMOCRATICA E PARTECIPATA DEGLI ATENEI
Deve essere assicurata una reale e concreta partecipazione al governo degli Atenei di tutte le componenti della comunità universitaria.
Questo principio si realizza mediante componenti elettive nei Consigli di Amministrazione e nei Senati Accademici delle Università. Si deve evitare, allo stesso tempo, di snaturare la stessa logica partecipativa e collaborativa dei dipartimenti, come sta avvenendo affidando ad organismi ristretti ed elitari le principali scelte ad essi relative. Questo principio di gestione democratica e partecipata si realizza, altresì, con la partecipazione di tutte le componenti (docenti, tecnico-amministrativi, precari, studenti) all’elezione del Rettore, figura che, nel sistema previsto dalla legge 240/10 vede un enorme incremento dei propri poteri, e che dunque necessita di una larga legittimazione da parte della comunità dell’Ateneo. Si ritiene altresì fondamentale prevedere forme di consultazione collettiva nelle scelte più importanti per la comunità universitaria e, in particolare, nella definizione degli Statuti.

AUTONOMIA E INDIPENDENZA DELLA RICERCA E DELLA DIDATICA
La libertà della ricerca e della didattica – costituzionalmente tutelata – è il principio cardine sul quale poggia l’intera istituzione universitaria. Questa libertà deve essere effettivamente garantita mediante una ricerca e una didattica autonome e indipendenti. Pensare di asservire l’Università alle necessità attuali e contingenti del mercato, senza tenere conto del bilancio sociale e arrivando a comprimere ricerca e didattica, è non solo concettualmente sbagliato ma anche controproducente. E’ attraverso ricerca e didattica libere che si dipana la possibilità di innovazione e di crescita culturale del Paese, condizioni imprescindibili per il progresso sociale e lo sviluppo economico.
Per questi motivi occorre sviluppare armonicamente la ricerca di base e applicata. E’ inoltre necessario ripensare una didattica che sia di qualità e accessibile a tutti, senza sbarramenti all’ingresso, valorizzando la qualità della formazione che non può essere ridotta all’adempimento di meri obblighi formali/burocratici.

PRECARIETA’
E’ necessario affrontare da subito l’esplosivo fenomeno della crescente precarietà nel settore dell’alta formazione. La situazione è aggravata dalla progressiva riduzione dei fondi e dall’espulsione degli attuali precari con il rischio della definitiva distruzione di un indispensabile patrimonio di competenza e di conoscenza, che altri e più lungimiranti Paesi si sono dimostrati pronti a utilizzare. Il sistema universitario ha bisogno di nuove intelligenze capaci di rinnovarlo e di garantire quella dimensione internazionale che tutti riconoscono come fondamentale.
E’ necessario non smantellare il sistema universitario: piuttosto occorre investire in esso per mantenere l’Italia fra i paesi più sviluppati, tenendo fede agli impegni presi in ambito europeo.
Per questo occorrono impegni concreti, tra cui, in particolare, la possibilità di reinvestire nel sistema universitario tutte le risorse che si renderanno disponibili dai pensionamenti, destinando oltre la metà di esse all’ingresso in ruolo degli attuali precari, che da anni già contribuiscono alle attività tecnico-amministrative, di formazione e di ricerca, spesso senza alcuna garanzia di tutela della titolarità del lavoro svolto e della produzione scientifica. Alle varie sedi universitarie, cui la legge affida la procedura di reclutamento attraverso regolamenti locali, spetta il compito di prevedere modalità che privilegino la trasparenza e che mettano al centro l’effettiva competenza dei candidati, nella prospettiva di un disegno culturale di medio-lungo termine che ogni Ateneo dovrebbe esplicitare per poter effettuare scelte coerenti.

DIRITTO ALLO STUDIO
Il diritto allo studio, tutelato dalla Costituzione, non può ridursi a mera formulazione di principio ma deve assumere forme concrete. In questo senso risulta paradossale il taglio del 95%  al fondo nazionale che di fatto cancella il diritto allo studio e il sistema di servizi e borse di studio che ancora ad oggi supporta migliaia di studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi. Dalla previsioni legislative non emerge alcun ripensamento che miri ad ampliare il sistema diritto allo studio, come pure accaduto in altri Paesi, ma si mira invece a trasformare in strumenti di indebitamento quello che dovrebbe essere una componente essenziale del welfare per gli studenti. Il principio dell’indebitamento si contrappone profondamente alla concezione dell’accesso al sapere non come costo, ma come investimento nella crescita e nello sviluppo del nostro paese, nonché come fattore principale della mobilità sociale. Inoltre il fondo per il merito e gli altri interventi che mirano a valorizzare esclusivamente i risultati accademici dello studente, prescindendo dalle sue condizioni economiche, non si possono configurare come interventi tesi a garantire il diritto allo studio, ma è necessario vincolare la ripartizione delle scarse risorse disponibili per garantire la parità d’accesso a tutti gli studenti. Su questo occorre che le istituzioni nazionali, assieme a quelle locali, si attivino per sostenere coloro che desiderano giungere ad una laurea per migliorare la propria formazione.
Le Università non devono in alcun modo sfruttare l’autonomia per una corsa a rialzo sulla tassazione studentesca, ma, soprattutto in un momento di forte definanziamento del sistema universitario, è necessario garantire in primis gli studenti, non facendo gravare su di loro il peso dei tagli. In questo contesto risulta prioritario ripensare e ampliare i diritti essenziali del welfare studentesco, garantendo da un lato la copertura totale delle borse di studio e dei servizi per tutti gli studenti idonei, dall’altro sviluppando nuove politiche sulle residenze studentesche e sostegni all’affitto, mense universitarie, trasporti, accesso alla cultura e assistenza sanitaria in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

FINANZIAMENTO DEL SISTEMA UNIVERSITARIO
L’Università statale italiana non può più continuare ad offrire il proprio fondamentale contributo alla comunità in una prospettiva di continuo definanziamento. Ora che la riforma è stata varata, il livello di finanziamento – attualizzato – deve essere almeno riportato a quel che era prima dei recenti tagli Il finanziamento deve tener conto delle legittime aspettative di carriera e dai contratti; gli atenei debbono essere messi in condizione di poter redigere dei piani strategici pluriennali di ricerca e di formazione potendo contare su risorse certe, nell’ambito di un processo di valutazione continua e rigorosa del loro operato scientifico. E’ necessario che le istituzioni centrali prevedano un investimento di medio-lungo periodo nel sistema universitario. Investimento che, particolarmente in condizioni di crisi economica – come hanno dimostrato anche le accorte politiche di altri paesi europei come la Germania –, è fondamentale se si vuole riavviare lo sviluppo.
L’attuale situazione del finanziamento universitario è assolutamente insostenibile: lo è il fatto che, da alcuni anni a questa parte, la sua entità sia sistematicamente prevista al di sotto di quella necessaria a retribuire i lavoratori, salvo prevedere variazioni dell’ultimo momento – in seguito a contrattazioni non sempre trasparenti con gli establishment attuali – appena sufficienti per mantenere in vita un anno di più il sistema universitario statale. In queste condizioni, in cui nulla è possibile – non la pianificazione, certo non la ricerca scientifica particolarmente innovativa e neppure la gestione delle semplici attività routinarie – il sistema non può che implodere, generando continui conflitti alla ricerca di una sterile sopravvivenza da ottenere, alla bisogna, anche attraverso la compressione dei diritti di chi nel sistema lavora e dovrebbe operare essendo valorizzato e coinvolto. Non marginalizzato e demotivato. E’ in questa prospettiva che – segnaliamo – non è più possibile immaginare di procedere a vista, magari puntando tutto sul volontariato dei docenti, siano essi professori ordinari, associati o ricercatori, o dei precari della ricerca e della didattica o ancora del personale tecnico amministrativo. Oppure sulla tolleranza degli studenti, contando sul fatto che possano per un anno ancora considerare normale e fisiologica una ormai cronica penuria di servizi causata dai continui tagli. Questa continua riduzione del finanziamento all’Università statale non fa che mettere, in modo assolutamente miope, diverse generazioni in condizione di marcata disparità rispetto ai coetanei di altri Paesi europei in competizione con il nostro. Si tratta di una disparità e di una miopia che, se non si modifica la rotta, l’intero Paese pagherà a caro prezzo, nel prossimo futuro.

PUBBLICO E PRIVATO
Non si può immaginare di affidare il sistema dell’alta formazione italiana al settore privato, che ha già dimostrato di non garantire livelli adeguati di qualità. Non è accettabile la progressiva contrazione dei finanziamenti all’università statale, né la delega al settore privato della gestione delle risorse statali, come lasciano intravedere la previsione legislativa del nuovo “modello” di CdA e il crescente interesse alla costituzione di fondazioni. E, in questo quadro, neppure è condivisibile – come abbiamo avuto occasione di dire in una recente audizione sul tema in Senato – l’ipotesi di abolizione del valore legale del diploma di laurea, che delegherebbe al “mercato” funzioni di natura e di interesse pubblici.
Soltanto lo Stato può essere garante di un sistema di ricerca e di alta formazione che sia effettivamente al servizio della crescita culturale del Paese. In questa prospettiva, mentre vanno certamente incentivate tutte le forme di leale e proficua collaborazione tra pubblico e privato, ci appare fondamentale garantire un sistema che funzioni avendo come guida l’interesse collettivo (gestione democratica e partecipata) e non oligarchico-baronale; un sistema nel quale la libertà di ricerca e di didattica vengano garantite e tutelate, anche trasformando finalmente la precarietà in stabile e proficuo impegno per l’istituzione; solo lo Stato può investire sulla propria cittadinanza rendendo effettivo il diritto allo studio, ed è allo Stato, quindi, che spetta – nell’interesse collettivo – il compito di definire questo investimento non come aspetto secondario e come un “problema di costi”, ma come priorità. Il ruolo centrale dello Stato è peraltro conseguente agli impegni assunti in sede europea.

Per discutere su tutte queste questioni saranno indette unitariamente negli Atenei Assemblee di tutte le componenti.

Roma, 30 giugno 2011

sabato 9 luglio 2011

Intervista sulla riforma "Gelmini" di Sergio Brasini (Professore Ordinario di Analisi di Mercato, Facoltà di Scienze Statistiche, Università di Bologna)

“I dati a nostra disposizione dicono che, nonostante tutti i suoi difetti, l’Accademia italiana si caratterizza per una produzione scientifica e didattica tra le migliori al mondo. Pur in presenza di uno dei finanziamenti per la ricerca più bassi al mondo (1,14% del Pil), l’Italia è infatti al sesto posto per produzione scientifica secondo l’ultima classifica stilata dalla Royal Society britannica (che ci attribuisce il 3,7% delle pubblicazioni citate in altri studi al mondo). Le nazioni che ci precedono sono quei paesi che investono in questo settore una frazione percentuale del Pil maggiore della nostra, il che implica anche una buona efficienza. La riforma purtroppo non potrà aiutare l’Italia a migliorare la sua situazione, perché a fronte di una pretesa opera di razionalizzazione avvalla di fatto un piano epocale di tagli al finanziamento del sistema universitario, che sta colpendo e colpirà in maniera lineare e pressoché indiscriminata tutte le realtà, penalizzando anche quelle più efficienti”. Un’attenta valutazione della collocazione della nostra ricerca e della nostra didattica nelle graduatorie internazionali più acclarate, ci viene, ex professo, da Sergio Brasini, Professore Ordinario di Analisi di Mercato nella Facoltà di Scienze Statistiche dell'Alma Mater Studiorum presso l’Università di Bologna. È Presidente da tre anni del corso di Laurea in Finanza, Assicurazioni e Impresa presso la sede di Rimini dell'Ateneo di Bologna. I suoi principali interessi di ricerca sono orientati ai metodi statistici per la valutazione dell'efficacia delle strategie di marketing-mix; ai modelli di comportamento del consumatore; all'analisi statistica della soddisfazione della clientela."

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venerdì 8 luglio 2011

Meraviglia: la "O" di STATUTO

  ... ma anche di pOtere
clicca qui per guardare il video   e capire se c'è  un rapporto anche con la  "O" di barOni

approvazione nuovo statuto

Cari Colleghi, Collaboratori e Studenti,

si è svolta ieri mattina la attesa seduta del Senato Accademico, in composizione allargata a tutte le componenti, per l'esame e la approvazione del nuovo testo dello Statuto dell'Ateneo. Con 40 voti favorevoli e 2 astensioni, il Senato ha adottato la nuova "carta costituzionale" dell'Università di Udine, che recepisce la Legge 240/2010 e fissa il modello organizzativo e funzionale del nostro Ateneo, entro i principi dell'autonomia responsabile e della libertà nella ricerca e dell'alta formazione.

Con questo atto si conclude la lunga fase interna di elaborazione del testo da parte della Commissione, iniziata a metà dello scorso febbraio. Ora, dopo un'ultima revisione formale, seguirà il controllo da parte del Ministero che, presumibilmente, si pronuncerà nei mesi di ottobre o novembre. Solo dopo i controlli ministeriali, con decreto rettorale, potremo passare all'adozione formale del nuovo Statuto.
L'articolato, ancora in revisione per gli aspetti formali, sarà  consultabile sul sito al momento dell'invio al Ministero.

Augurando a tutti buon lavoro, Vi saluto cordialmente.

IL RETTORE
prof.ssa Cristiana Compagno

giovedì 7 luglio 2011

Lo avevamo detto da subito

Università/Sindacati smentiscono Miur: decreti riforma in ritardo

"Mancata emanazione provoca paralisi molte attività accademiche"

Roma, 7 lug. (TMNews) - Mentre il ministro Gelmini presenta a Palazzo Chigi lo stato di avanzamento dei decreti attuativi riguardanti la riforma dell'università italiana, una ventina di associazioni e sindacati - rappresentanti dei docenti, dei ricercatori e degli studenti - diffonde un critico documento unitario attraverso cui esprime forte preoccupazione per la situazione dell'Università statale in Italia e per le sue prospettive. In particolare, al contrario di quel che sostengono Miur e Governo, secondo sindacati e associazioni il governo sarebbe in grave "ritardo nell'emanazione dei previsti decreti attuativi", facendo prolungare "la paralisi di diversi aspetti delle attività universitarie".

Ma non solo: la realizzazione degli statuti e dei nuovi regolamenti che si sta realizzando "nella maggior parte delle sedi non sta tenendo conto dei principi di partecipazione democratica" in passato rivendicati attraverso un altro documento unitario, prodotto dalle stesse organizzazioni, dal titolo 'Per la democrazia negli statuti degli atenei italiani'.

Adi, Adu, And, Andu, Apu, Cisal-Università, Cisl-Università, Confsal-Snals- Cisapuni, Conpass, Cpu, Flc-Cgil, Link, Rete29Aprile, Sun, Udu, Ugl-Università, Uilpa-Ur, Usb-Pubblico impiego ritengono che le commissioni d'ateneo che stanno lavorando sulle regole da plasmare in funzione della legge 240/10, "quasi mai sono state individuate attraverso un'elezione dei componenti e non sembrano riuscire ad avere reale autonomia di manovra", perché devono sottostare "agli establishment preesistenti".

venerdì 1 luglio 2011

Saluti e ringraziamenti di Daniele Livon (30 giugno 2011, ore 16:47)


Cari colleghi del personale tecnico amministrativo, 
Cari docenti e ricercatori,
Vi invio questa mail di saluto nel momento in cui si e' perfezionato l'iter ministeriale relativo al mio nuovo incarico.

Vi informo pertanto che da domani 1 luglio mi trasferiro' alla Direzione generale per l'Universita', lo studente e il diritto allo studio universitario del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca.

Questo passaggio avviene in un momento particolarmente delicato per il sistema universitario e per il nostro ateneo. Un momento caratterizzato da molti cambiamenti organizzativi che qui ho contributo ad impostare e altri in fase di realizzazione che rappresentano grandi opportunità. In questi anni si
sono ottenuti risultati importanti che mi sarebbe piaciuto condividere un po' di piu' con tutti Voi. Sono sincero nel dire che le valutazioni personali e professionali che mi hanno portato ad accogliere questa sfida non sono state semplici, ma credo che questo sia il momento giusto per fare una nuova esperienza al servizio del sistema.

Come Direttore amministrativo, consapevole del privilegio che mi è stato concesso, desidero ringraziare i Rettori con cui ho lavorato (Strassoldo, Honsell, Compagno), gli organi di governo, le rappresentanze del personale, le rappresentanze degli studenti e in generale tutti Voi per avermi consentito di lavorare in un clima di reciproca collaborazione.

Mi auguro di continuare a vedere nell'Università di Udine la qualita' e l'efficienza di un ateneo moderno, dinamico, innovativo, da prendere come esempio per gli ottimi risultati nella gestione, nella didattica e nella ricerca.
Sono certo che tutti Voi farete in modo che questo percorso continui.

Rinviando il saluto personale ad una prossima bicchierata che sto organizzando,

con Gratitudine e Affetto.

Daniele Livon












Commento pervenuto via e-mail relativo al messaggio soprastante:
"non so se avete notato come nel messaggio di commiato del Direttore comparisse la seguente sequenza (di priorità accademiche): gestione, didattica, ricerca. 
Questo la dice lunga sulla visione dell'università del nuovo direttore generale del MIUR. 
Senza nulla togliere alla gestione, che deve essere efficiente e di qualità, chiunque abbia visitato vere università in giro per il mondo sa che la priorità è esattamente inversa: ricerca, didattica, gestione. 
La ricerca di qualità deve essere il motore di un'università!  
D'altra parte il nostro, coerentemente con la sua visione, aveva iniziato l'opera di "risanamento" del bilancio, tagliando i fondi delle biblioteche.
Dovrebbe essere obbligatorio per chiunque ricopra ruoli dirigenziali di livello superiore nel sistema universitario fare uno stage presso qualche vera sede universitaria all'estero, altro che master presso la SDA: Scuola di Direzione Autoreferenziale! 
Scusate lo sfogo ma non se ne può veramente più!"