giovedì 27 settembre 2012

"MOZIONE" MAZZARELLA GELMINI BINETTI





La Camera dei Deputati,

premesso che

- l’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha istituito l’abilitazione scientifica nazionale, destinata ad attestare la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, e ha stabilito che sia attribuita con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche di ciascun candidato, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte, espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per area disciplinare definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

- tale decreto, emanato il 7 giugno 2012 (n. 76) anche sulla base delle indicazioni dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), stabilisce tra l’altro che:

- nell’allegato A, numero 3, lettera b), che, per i settori cosiddetti bibliometrici, “ottengono una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all’abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno due degli indicatori di cui alle lettere a), b) e c) del numero 2” del medesimo allegato;

- nell’allegato B, numero 4, lettera b), che, per i settori cosiddetti “non bibliometrici”, “ottengono una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all’abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori di cui alle lettere a) e b) del numero 3” del medesimo allegato;

- nell’articolo 6, commi 1-2-3-4, lettere b), che l’abilitazione può essere attribuita esclusivamente ai candidati i cui indicatori dell’impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui all’allegato A, numero 3, lettera b), e all’allegato B, numero 4, lettera b), cioè siano superiori alla mediana in almeno due (per i settori bibliometrici) e uno (per i settori non bibliometrici) degli indicatori previsti;

- nell’articolo 3, comma 3, che la commissione può eventualmente utilizzare “ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli” purché questi siano “predeterminati dalla commissione con atto motivato pubblicato sul sito del Ministero e su quello dell’università sede della procedura di abilitazione”;

considerato che:

- alla luce della normativa citata in premessa, non è chiaro quanto l’effettivo superamento del valore mediano degli indicatori sia vincolante per il conseguimento dell’abilitazione;

- la normativa citata induce qualche dubbio anche sotto il profilo della parità di trattamento tra i candidati visto che introduce una netta differenziazione tra settori bibliometrici, sostanzialmente quelli scientifici e tecnologici, e settori non bibliometrici, sostanzialmente quelli umanistici ed economico-giuridico-sociali, in termini di numero e tipologia delle condizioni numeriche vincolanti;

- gli interventi pubblici dei componenti del consiglio direttivo dell’ANVUR non hanno chiarito la situazione e anzi hanno finito col diffondere ulteriori dubbi e col suscitare la predisposizione di comportamenti interpretativi difformi tra le varie aree disciplinari;

- questa problematica ha attirato una grande attenzione del mondo universitario con decine di interventi sulla stampa o sul web, tenuto conto che l’incertezza interpretativa influenza la partecipazione o meno alle procedure in considerazione della sanzione prevista per chi partecipi e non consegua l’abilitazione;

- gli indicatori bibliometrici, pur in linea di principio interessanti e non privi di riscontri internazionali, soprattutto in alcuni settori scientifici, presentano forti limiti di descrittività, e non mancano seri dubbi sulla tenuta algoritmica e giuridica del loro calcolo (anche a causa della perdurante incertezza sull’affidabilità della base di dati utilizzata e sui meccanismi di calcolo adottati) e dunque sulla significatività dei loro valori, tanto che in nessun Paese sono utilizzati in modo automatico e vincolante per reclutare o promuovere i docenti;

- gli indicatori per i settori “non bibliometrici” sono assolutamente privi di riscontri internazionali e privilegiano, con due indicatori su tre, la valutazione meramente quantitativa della produzione scientifica, mentre il terzo indicatore, riferito alla pubblicazione di articoli su riviste “di classe A” è basato su una aleatoria ed affrettata classificazione delle riviste, peraltro resa nota, e neppure per tutte le Aree, dopo la data di scadenza del bando per gli aspiranti commissari e del termine ultimo per ritirare la domanda eventualmente già presentata;

- in particolare, la decisione di ricorrere, per il calcolo di tali indicatori, alle mediane ricavate dalla produzione scientifica dei professori di ruolo nei precedenti dieci anni, anziché a rigorose soglie assolute, introduce nel sistema una forte aleatorietà di metodo e di merito, impedendo tra l’altro ai futuri candidati di conoscere con sufficiente anticipo i requisiti da superare per conseguire l’abilitazione, essendo tali requisiti imprevedibilmente mutevoli, anche in misura assai sostanziale;

- la possibilità che tali meccanismi possano essere adottati in Italia ha portato alcuni tra i più validi intellettuali italiani di varie discipline scientifiche e umanistiche a segnalarne le conseguenze potenzialmente disastrose per il futuro dell’università, quali la possibile perdita dell’irriducibile e positiva complessità della mappa dei saperi nelle università, la possibile sparizione di intere nicchie disciplinari di grande prestigio internazionale e valore culturale se fanno capo a piccole comunità o si caratterizzano per approcci innovativi o interdisciplinari, l’incentivazione di comportamenti opportunistici slegati da una reale considerazione dei valori scientifici;

- notevoli perplessità sono state ripetutamente espresse sia dal Consiglio Universitario Nazionale, organo democratico rappresentativo del sistema universitario, sia da molte società scientifiche;

- in particolare il Consiglio Universitario Nazionale ha segnalato che, a bando già pubblicato, sono state fornite agli interessati informazioni parziali e instabili col rischio di compromettere la possibilità di sviluppare completi e corretti convincimenti circa le condizioni di partecipazione alle procedure di abilitazione e ha chiesto al Ministro di adottare ogni iniziativa utile all’esigenza di chiarezza e certezza dei criteri e dei parametri e di rendere pubblici, in base al principio di trasparenza come fondamento della democrazia amministrativa e a tutela del legittimo affidamento, dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione, tutti i dati e gli algoritmi utilizzati per il calcolo delle mediane nonché gli atti e i documenti relativi alla classificazione delle riviste scientifiche in classi di qualità;

- un ricorso è stato presentato dall’Associazione Italiana dei Costituzionalisti e la decisione nel merito del TAR è fissata per il 23 gennaio 2013;

ritenuto che:

- l’abilitazione scientifica nazionale prevista dalla legge 240/2010 costituisce un’innovazione importante nella prassi accademica italiana, prevedendo per la prima volta criteri e parametri nazionali per le diverse aree scientifiche, al fine di garantire che alle selezioni condotte dai singoli atenei possano comunque partecipare solo candidati in possesso di una qualificazione condivisa dalla comunità scientifica nazionale e internazionale;

- una rapida e condivisa messa in opera delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, cardine del nuovo sistema di reclutamento e promozione introdotto dalla legge 240/2010, è un punto cruciale e urgente per il futuro dell’università italiana dopo molti anni di blocco;

- gli altri criteri e parametri indicati nel decreto n. 76 costituiscono, nel perfetto rispetto di quanto previsto dalla legge 240, una nuova e profonda analisi dei numerosi e disparati fattori che contribuiscono a delineare la qualità scientifica di un docente universitario, il cui uso sarebbe molto importante per favorire scelte scientificamente ben fondate delle commissioni giudicatrici in termini di merito dei candidati e per diffondere sempre più una cultura della valutazione che eviti casi molto criticabili avvenuti in passato;

- è importante che le commissioni giudicatrici siano informate e discutano i valori dei vari indicatori quantitativi di tipo bibliometrico e le loro mediane, ma senza essere obbligate ad utilizzarli in modo meccanico e dirimente, soprattutto nella prima applicazione della legge che si presta meglio a costituire una fase sperimentale delle nuove metodologie di valutazione, a scapito degli altri criteri e parametri, di natura qualitativa, che possono invece costituire un elemento di giudizio più selettivo e maggiormente allineato con la prassi accademica internazionale;

- è interesse generale che, sin dalla prima tornata delle procedure di abilitazione, queste si svolgano con la massima chiarezza, inequivocità e generalità delle regole a garanzia dei principi generali della democrazia amministrativa e dei diritti degli interessati, evitando per quanto possibile ogni fonte di contenzioso giudiziario che finirebbe inevitabilmente con l’allontanare nel tempo il consolidamento del nuovo sistema di reclutamento e promozione della docenza universitaria e quindi una normale vita accademica che permetta a tutti di lavorare con prospettive certe, in particolare ai tanti giovani di valore che attualmente, per mancanza di queste prospettive, si trasferiscono in università straniere per poter continuare con maggiore tranquillità la loro attività di ricerca;

IMPEGNA IL GOVERNO

a chiarire definitivamente con un provvedimento normativo o interpretativo erga omnes che il superamento delle mediane degli indicatori bibliometrici è uno dei fattori di cui le commissioni giudicatrici delle procedure di abilitazione dovranno tener conto ma non è condizione necessaria, né peraltro sufficiente, per conseguire l’abilitazione, nonché a promuovere per la prossima tornata di abilitazione una profonda revisione degli indicatori quantitativi e bibliometrici slegati dal calcolo delle mediane e basati invece su rigorose soglie assolute note con largo anticipo.


                                        MAZZARELLA GELMINI BINETTI




lunedì 24 settembre 2012

L'assemblea che non c'è per mancanza di una autorizzazione

 Secondo Voi la tattica d'Ateneo è per principio quella di ignorare le richieste, nella speranza che chi le fa col tempo perda interesse e lasci perdere?

Forse bastava una telefonata per sbloccare la situazione, ma è evidente che c'è chi è rigoroso e ligio e aspetta educatamente una risposta che non arriva ... forse perchè non ci sentono ..., serve un orecchio bionico?

Si accettano commenti e critiche, ma sembra che una Assemblea il 26 settembre non si dovesse fare in piena autonomia. 

Pensate sia invece preferibile
venerdì 26 ottobre pv ? 

Sveglia!


 
ADI,  ANDU, CISL-Università, COBAS-Pubblico Impiego, CoNPAss, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SUN, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA, USB-Pubblico Impiego

PER SALVARE E RILANCIARE L'UNIVERSITà

SETTIMANA NAZIONALE DI DIBATTITO E MOBILITAZIONE

 22-27 OTTOBRE 2012

Le Organizzazioni e le Associazioni universitarie hanno più volte denunciato la condizione drammatica in cui versa l'Università italiana, aggravata dal recente Decreto Legge sulla spending review.
La Legge 240/2010 si è rivelata in buona parte inapplicabile e funzionale ad una gestione rigidamente burocratica, centralizzata e verticista degli atenei. Una gestione che si è affiancata alla progressiva riduzione di finanziamenti, di organici, di strutture e percorsi formativi. L'attuale governo invece di intervenire sui limiti e le contraddizioni di quella legge, e di segnare un cambio di passo rispetto al precedente governo, ha ulteriormente ridotto i già limitati spazi di democrazia negli Atenei per mezzo di ricorsi ai TAR su Statuti giudicati “troppo democratici”, ha prorogato il mandato dei rettori in scadenza ed ha lasciato accrescere i poteri e le prerogative dell'ANVUR ben al di là del mandato di legge. Se il referendum sull'abolizione del valore legale del titolo di studio voluto dal governo si è dissolto grazie all'opposizione venuta dal mondo dell'istruzione e della ricerca, si porta a compimento lo svuotamento del diritto allo studio con il progressivo aumento della tassazione studentesca e del numero dei corsi a numero chiuso o programmato. Infine, il perdurare del blocco sostanziale delle assunzioni e delle opportunità di carriera  rischia di essere aggravato dalla messa in opera di procedure arbitrarie, illogiche e farraginose di abilitazione scientifica nazionale.

Ancora una volta, consapevoli che il Paese e chi opera e studia negli Atenei non possono più tollerare che venga cancellata l'Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti, torniamo a denunciare il comportamento del ministro Profumo che prosegue nell'opera di smantellamento, e rifiuta il confronto con l'insieme delle rappresentanze del mondo universitario.

E' sempre più urgente modificare le norme sull'Università per andare in una direzione opposta e contraria a quella finora seguita e che si vorrebbe continuare a perseguire. Ribadiamo che per questo occorre:
1.    Investire con la massima urgenza e in quantità rilevante sulla ricerca (a partire dalla valorizzazione del dottorato) e l'alta formazione per raggiungere almeno il livello della media europea, nella direzione proposta da “Strategia di Lisbona” e da “Agenda europea 2020”. Prevedere il finanziamento del FFO sulla base di dati certi e oggettivi (es. costo standard per studente).
2.    Difendere il valore legale dei titoli di studio, individuando con il mondo universitario politiche capaci di innalzare effettivamente la qualità dell'offerta formativa in tutti gli Atenei. In questa direzione è necessario valorizzare il titolo di dottore di ricerca all'interno e all'esterno dell'Università.
3.    Favorire l'accesso in ruolo dei precari prevedendo un reale turn over. Assicurare reali prospettive di carriera al personale già di ruolo. Procedere nell'immediato all'assunzione dei vincitori di concorso.
4.    Realizzare un vero diritto allo studio, assicurando a tutti gli studenti idonei la borsa di studio, aumentando e migliorando i servizi (biblioteche, aule, laboratori, ecc.) e le condizioni di vita degli studenti (residenze, mense, ecc.). In direzione opposta vanno invece l'aumento delle tasse, l'introduzione dei prestiti d'onore e di altri strumenti di indebitamento, il progressivo ricorso al numero programmato degli accessi. Riteniamo che si debbano urgentemente ritirare i provvedimenti che prevedono l'aumento della tassazione studentesca e che rischiano di determinare un drammatico calo nelle immatricolazioni proprio nelle fasce sociali più debole ed esposte
5.    Ribadire l'importanza di un organo nazionale di piena rappresentanza e di coordinamento del Sistema nazionale delle Università.
6.    Rivedere l'attuale governance universitaria: in alternativa ai poteri immensi e antidemocratici del rettore e del CdA, è necessario rafforzare il Senato Accademico, direttamente eletto da tutte le componenti, con responsabilità della programmazione, del coordinamento e del controllo. Va inoltre assicurata la piena autonomia finanziaria e gestionale ai dipartimenti.
7.    Introdurre trasparenti meccanismi di reclutamento in ruolo. Garantire l'avanzamento di carriera sulla base di valutazioni individuali nell'ottica di un ruolo unico della docenza, senza distinzioni di diritti e doveri, nel quale comprendere gli attuali ordinari, associati e ricercatori.
8.    Prevedere un'unica figura pre-ruolo a tempo determinato, di breve durata e adeguata retribuzione, con reale autonomia di ricerca e il riconoscimento pieno dei diritti.
9.    Valorizzare le professionalità del personale tecnico-amministrativo, superare il blocco della contrattazione nazionale e del turn over, investire in aggiornamento e formazione.

Questi cambiamenti vanno realizzati subito per rilanciare il ruolo fondamentale dell'Università per lo sviluppo culturale, sociale ed economico del Paese. L'attuale crisi impone - come in altri Paesi - di puntare/investire sull'Università, invece di utilizzare la crisi stessa come pretesto per la sua demolizione a vantaggio di potentati economici e accademici.

Per ottenere tutto questo facciamo APPELLO a studenti, docenti e personale T.A e all'opinione pubblica affinché sostenga una battaglia che più di ogni altra può portare al superamento di una crisi che altrimenti risulterà irreversibile.

Si chiede a tutte le forze politiche e alla società civile un confronto sulle questioni da noi poste anche in vista della prossima scadenza elettorale che si augura possa portare alla costituzione di un Parlamento e di un Governo che non ascoltino soltanto coloro che hanno interesse allo smantellamento dell'Università statale.

Per sostenere queste nostre richieste si promuove una settimana nazionale di dibattito e mobilitazione dal 22 al 27 ottobre 2012 durante la quale negli Atenei si terranno Assemblee unitarie di tutte le componenti.

Roma, 14 settembre 2012


martedì 18 settembre 2012

Il caso Calabria usato strumentalmente in modo ignobile per screditare il valore legale del titolo di studio



Dannosissimo editoriale-commento di G.A. Stella sui fatti di UNICAL (falsificazione di esami da parte di studenti e personale amministrativo in combutta) per attaccare il c.d. "valore legale" della laurea.


Il valore illegale delle lauree
 
DI GIAN ANTONIO STELLA

Se fosse solo una faccenda giudiziaria, amen: una bella condanna dei colpevoli e fine. Ma che 72 giovani calabresi si siano fatti delle lauree false e circa duemila siano sotto inchiesta è un atto d’accusa non solo per loro ma anche per chi li ha educati. E rilancia un tema: se la laurea è solo un pezzo di carta, è sempre più urgente abolirne il valore legale. Perché quei giovani si sono iscritti all’università? Nelle società che funzionano, dove il «merito» non è solo una parola inserita 37 volte in una proposta di legge di Mariastella Gelmini, ma l’asse portante del sistema educativo, i ragazzi cercano di entrare nei migliori atenei per un motivo solo: imparare. Crescere. Accumulare un bagaglio di conoscenze che consenta loro di conquistare il mondo. O come minimo di affrontare un colloquio di lavoro avendo delle buone carte da giocare.


A questo servono, piaccia o non piaccia, la severità anche nella distribuzione dei voti in pagella e la rigidità nella selezione quotidiana, che esistono in tanti Paesi che ci umiliano nelle classifiche internazionali come quelle del Pisa (Programme for international student assessment) dove i nostri figli, soprattutto quelli che frequentano le scuole nel Sud e nelle Isole, non sono assolutamente in grado di reggere il confronto con gli altri nella concorrenza scolastica che poi diventerà concorrenza nella vita.


L’anno scorso una madre cinese, Amy Chua, in un lungo articolo sul Wall Street Journal, spiegava perché trovava assurda la manica larga usata in Occidente nei confronti dei figli: «Quando i genitori occidentali pensano di essere rigorosi, di solito non si avvicinano nemmeno alle mamme cinesi. Ad esempio, i miei amici occidentali che si considerano severi fanno esercitare i figli sui loro strumenti musicali 30 minuti al giorno. Un’ora al massimo. Per una madre cinese, la prima ora è la parte facile. Sono la seconda e la terza ora quelle difficili».


Troppo dura? «In uno studio su 50 madri americane e 48 madri cinesi immigrate, quasi il 70% delle madri occidentali afferma che "insistere sul successo scolastico non è un bene per i bambini" e che "i genitori devono promuovere l’idea che l’apprendimento è divertente". Al contrario, poco più dello 0% delle madri cinesi la pensa così ». Altri studi, proseguiva, «indicano che, rispetto ai genitori occidentali, i genitori cinesi dedicano al fare i compiti con i figli un tempo di circa 10 volte superiore. Al contrario, i bambini occidentali sono più propensi a partecipare a gruppi sportivi».


Tutti i papà e le mamme, sia quelli occidentali sia quelli cinesi, concludeva l’autrice, vogliono il bene dei loro figli ma quelli cinesi sono convinti che occorra prepararli alle difficoltà della vita. Spiegar loro che nulla sarà regalato, che tutto dovrà essere conquistato.


Il Foglio
di Ferrara, traducendo la paginata, titolò: «Ai figli regalategli un lager». Divertente e provocatorio. Ma quello giusto era il titolo originale: «Per imparare bisogna soffrire». C’è chi, al di là di certe legnosità schematiche della cultura cinese, se la sente di contestarlo? È più utile dare in pagella un voto basso che segnali un problema (anche ai genitori, ammesso che tutti diano un’occhiata ai risultati dei figli) o promuovere tutti in massa distribuendo voti altissimi perché «la vita è già dura, poveri ragazzi, è inutile mortificarli?».

Sinceramente: è credibile che al liceo classico «Empedocle» di Agrigento siano usciti agli esami di maturità 2011 la bellezza di 53 geni col massimo dei voti su 182 studenti? Cos’era, un’infornata strabiliante di Leonardo da Vinci, Pico della Mirandola e Albert Einstein o un genio ogni tre alunni è una quota un po’ troppo alta per essere plausibile?


E torniamo al nocciolo della questione: quei 72 «dottori» falsi usciti dall’università della Calabria, quell’«Arcavacata» di Cosenza che nacque grazie all’entusiasmo di tanti docenti trascinati da un trentino come Beniamino Andreatta e che avrebbe dovuto essere un campus di altissimo livello su modello degli atenei americani, non sono solo degli imbroglioni da castigare con una sentenza durissima. A partire da quello che, registrando sette esami in un giorno e prendendo per sette volte il massimo dei voti con la lode, dimostrava di essere certo che la sua bravata strafottente sarebbe passata inosservata.


Intorno a loro non hanno funzionato i professori e le scuole che li hanno fatti studiare (si fa per dire...) senza ficcargli nella testa che studiavano per se stessi e non per il voto. Non hanno funzionato le famiglie, che evidentemente si sono del tutto disinteressate di «come» i figli stavano facendosi il loro bagaglio di professionalità. Non hanno funzionato imeccanismi di una società che, soprattutto nel Mezzogiorno, ha troppo spesso mostrato che il risultato d’un concorso, l’assunzione, il posto fisso, lo stipendio, non dipendono da quanto uno è preparato ma dalle conoscenze giuste, le amicizie giuste, il politico giusto. Perché studiare se perfino il cardiochirurgo non viene scelto sulla base della sua preparazione ma della sua tessera di partito?


Un messaggio devastante. E questo a maggior ragione se è vero quanto spiega il pm Antonio Bruno Tridico, il quale indaga su oltre duemila studenti perché qualcosa non gli torna e ha dovuto imporre almeno lo spostamento dei tre impiegati smascherati dalle indagini, altrimenti inamovibili. E cioè che molti dei falsi laureati sono dipendenti pubblici non più giovanissimi che hanno cercato quella scorciatoia per farsi quel pezzo di carta utile per diventare funzionari o dirigenti, di andar avanti nella carriera.


E torniamo al punto di partenza. Se quel pezzo di carta è così importante in quanto pezzo di carta, al di là della preparazione effettiva e dell’università che lo ha dato, allora è meglio abolire il suo valore legale. Sono anni che Roberto Perotti, Francesco Giavazzi, Roger Abravanel ed altri ancora battono e ribattono su questo tasto. E mettere ordine in queste cose, per rilanciare il Paese, è importante quanto un investimento miliardario sulle infrastrutture. Gian Antonio



CORRIERE DELLA SERA, 18
-09-12


sabato 15 settembre 2012

Un episodio accademico pubblicato nel 1947

Di George J. Stigler, Columbia University
«Bulletin of the American Association of University Professor», n. 4, Winter 1947
Traduzione dall’inglese di Piero S. Graglia

"Ho proposto in passato la tesi che le nostre università stiano andando all’incontrario. Mentre un uomo è ancora giovane, curioso e pieno di energia, gli viene chiesto di insegnare così tanti corsi di base, correggere e assistere a così tanti esami – e pulire così tanti pavimenti a casa sua – che difficilmente può fare ricerca. Pure le sue estati le passa a cercare di guadagnare qualcosa di più. Quando diventa vecchio il suo carico didattico si dimezza, le incombenze amministrative e burocratiche le sbrigano i suoi assistenti – e il suo stipendio raddoppia. Ma a quel punto lui si trova oltre la fase creativa della sua vita, e sviluppa piuttosto le sue abilità nel bridge e nel golf. Pinzio, il venerabile maestro delle lingue romanze, era d’accordo che ci fosse sempre molto di vero in ogni accusa, ma pensava che ogni rimedio fosse peggio del male. E raccontava questa storia.

Circa trenta anni fa un giovanotto di nome Seguira divenne il rettore di una Università in un paese del Sud America dove suo padre aveva da poco finanziato una rivoluzione vittoriosa. Seguira, che era sempre stato un giovane dissoluto e gaudente, sorprese tutti diventando all’improvviso un morigerato riformatore – una specie di Hutchins[1] in stile antico romano. Egli cominciò quindi a pensare a una riforma che il mondo universitario, sottolinea Pinzio, richiedeva con urgenza, e alla fine pensò al sistema meritocratico. Di lì a poco, impose così le seguenti regole."


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giovedì 6 settembre 2012

TAR LAZIO "rimanda" la trattazione del ricorso Costituzionalisti al 23.01.2013

03142/2012 REG.PROV.CAU.
N. 05857/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 5857 del 2012, proposto da:

Associazione Italiana dei Costituzionalisti (Aic), rappresentato e difeso dagli avv. Massimo Luciani, Alessandro Pace, Federico Sorrentino, con domicilio eletto presso Federico Sorrentino in Roma, Lungotevere delle Navi, 30;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (Anvur), rappresentati e difesi dall’Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
Associazione Italiana dei Professori di Diritto Tribuario (Aipdt), Società Italiana di Dirtto Internazionale (Sidi), rappresentati e difesi dall’avv. Silvia Felicetti, con domicilio eletto presso Silvia Felicetti in Roma, Lungotevere delle Navi,30;

per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, d.m. n. 76/12 avente ad oggetto: regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla i^ e alla ii^ fascia dei professori universitari, nonche’ le modalita’ di accertamento della qualificazione dei commissari ai sensi art. 16 co. 3 lett. a) b) c) l. n. 240/10 e artt. 4 e 6 co. 4 e 5 d.p.r. n. 222/11

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (Anvur);

Visti gli atti di intervento;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la documentazione depositata dall’Avvocatura alla odierna camera di consiglio;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 settembre 2012 il dott. Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato che, ai sensi dell’art. 55 comma 10 del codice del processo amministrativo, le esigenze sia dell’Associazione sia dei professori ricorrenti possono essere adeguatamente tutelate con la fissazione dell’udienza di merito, non sussistendo, allo stato, alcun danno grave ed irreparabile, anche alla luce della nota del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 24 agosto 2012,

ritenuto, compatibilmente con il carico della sezione, di fissare l’udienza pubblica del 23 gennaio 2013;

ritenuta, altresì, la sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase cautelare;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza)

Fissa per la trattazione di merito del ricorso l’udienza pubblica del 23 gennaio 2013.

Compensa le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 settembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Domenico Lundini, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore


L’ESTENSORE


IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/09/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)