COORDINAMENTO PER L'UNIVERSITA' PUBBLICA

Premessa 

A partire dall’approvazione della Legge 240/2010, nota come legge Gelmini, a nome di Comunità  universitaria e Iniziativa petizione abbiamo organizzato numerose iniziative, documenti ed incontri tesi a promuovere il dibattito sui temi della riforma. Il nostro approccio critico, ma costruttivo, purtroppo è stato, di volta in volta, isolato, se non ignorato o rifiutato, in base ad opportunistiche valutazioni sulla consistenza del nostro seguito piuttosto che argomentazioni motivate.


Con l’approvazione dello Statuto adeguato alla Legge 240/2010 si è chiuso un capitolo che giudichiamo negativo per la vita della nostra comunità accademica. Infatti, dietro al trionfalismo ufficiale sull’efficienza delle procedure ed il rispetto dei tempi, si celano scelte di valenza monocratica che si articolano attraverso le norme statutarie riguardanti formazione e funzionamento degli organi di governo dell’Ateneo.


Insieme a tanti colleghi di altre sedi ci siamo battuti perché gli statuti limitassero i danni della riforma, valorizzando quei pochi aspetti positivi contenuti nella legge. In particolare, la tutela statutaria della centralità dei dipartimenti è subito apparsa come uno strumento a disposizione per assicurare la possibilità di affermare un controllo democratico da parte di chi fa l’Università tutti i giorni e chiede di essere valutato sulla base del proprio operato scientifico, didattico ed organizzativo, e non per l’appartenenza a fazioni politiche di potere o lo schieramento nelle dispute lobbistiche dei potentati accademici raccolti negli SSD.


Con l’orchestrazione discreta della CRUI basata su anticipazioni riservate della volontà ministeriale, in gran parte degli atenei, la centralità dei dipartimenti è stata sterilizzata mediante i poteri delle strutture di raccordo, veri e propri direttòri ristretti di facoltà. Peraltro, anche dove quella centralità sembra sostanzialmente tutelata, come a Udine, la possibilità di un controllo democratico del governo universitario è stata ridimensionata dall’imposizione del controllo rettorale sul CdA, il solo organo realmente deliberante previsto dall’impianto della riforma.


È evidente che si è osteggiato l'approccio partecipativo per timore di condizionare le decisioni che in futuro pochi potranno prendere, limitando al massimo forme di espressione critica. Questa condotta e la sostanza del dettato statutario a proposito del governo dell’Ateneo prospettano un futuro di controllo attuato con modalità monocratiche, controllo che persegue un disegno di svilimento e liquidazione dell'università (e dell'istruzione in genere) come ben pubblico.


Per contrastare quel disegno e promuovere un’idea alternativa abbiamo fondato il Coordinamento per l'Università Pubblica (CoUP).


Definizione programmatica


Il CoUP è una libera associazione tra persone motivate a intervenire sul piano politico-culturale rispetto alla questione dell’Università come “bene pubblico”. Il CoUP privilegia il modello di una Università intesa come luogo di produzione, sviluppo e trasmissione della conoscenza, per il progresso ed il miglioramento della società umana, e come patrimonio istituzionale di carattere pubblico, cioè appartenente ed accessibile all’intera società, secondo i principi della Costituzione repubblicana.
La semplice enunciazione di questo principio esprime il discrimine politico che caratterizza il CoUP rispetto al disegno perseguito dalla riforma Gelmini.
L’intero impianto di questa riforma è teso alla trasformazione degli atenei italiani in istituzioni sempre più leggere, dal punto di vista dei costi per lo Stato, gestite da rettori manager e C.d.A. compiacentemente collaborativi, con i criteri tipici della cultura di impresa, senza peraltro i relativi meccanismi di controllo e verifica. A regime, le università dovrebbero rivolgersi, con costi di iscrizione e frequenza decisamente elevati, ad una platea di studenti sempre più esigua.


Questo modello falsamente virtuoso dell’istituzione universitaria è del tutto in linea con il modello sociale concepito dalla destra liberista delle lobby affaristico-politiche, che da un ventennio si sono affermate sulla ribalta politica italiana.
Le ricette neo-liberiste impongono restrizioni sempre più pesanti per garantire la prosperità di pochi a spese dell’impoverimento di fasce di popolazione sempre più ampie. Tuttavia, la visione del neo-liberismo è oggettivamente antitetica rispetto alle esigenze di sviluppo che una società moderna ha necessità di attuare per assicurarsi il consenso.


In questo contesto, un discorso in positivo su quello che per noi è l'Università pubblica non può che partire dalla necessità di affermare che una via possibile per lo sviluppo di questa società è proprio quella di ripensare l'impostazione della preparazione dei suoi cittadini. Innalzare, in generale, il livello di competenza significa aumentare le opportunità per gli individui e per lo sviluppo di idee produttive.
Puntare sulla ricerca, in tutti i settori, non significa riaffermare per principio il significato di Universitas,  ma contrastare il declino e stimolare reattività scientifiche per il progresso culturale e produttivo.


L'impegno che il CoUP assume consiste nel predisporre proposte per una riscrittura della legge sull'università e delle leggi sull'istruzione, unica strada per diffondere i valori di conoscenza come “bene pubblico”.


Il CoUP intende mettere in atto iniziative per stimolare la coscienza di chi è all'interno delle istituzioni pubbliche di formazione - docenti, tecnici, amministrativi, altri dipendenti e studenti con le loro famiglie - per mantenere una vigilanza costante sull'operato di chi decide e cercare di arginare le derive distruttuive che favoriscono soluzioni elitarie e privatistiche.


Il CoUP ritiene che l’Università sia una grande opportunità sociale che non può essere governata con i criteri della gestione di impresa. E’ invece necessario promuovere lo sviluppo congiunto di ricerca e
didattica, in base a valore e qualità della preparazione degli studenti e dei risultati.


Il CoUP si rivolge ai docenti, professori o ricercatori, al personale universitario strutturato e non, agli studenti universitari, a tutti coloro che considerino l’Università un “bene pubblico”.


L’azione del CoUP si articolerà con le modalità classiche dell’intervento politico nella realtà universitaria,  e dunque, nella promozione di dibattiti, nella redazione di documenti, nell’indizione di assemblee e  nell’organizzazione di manifestazioni.


Il CoUP considera principi fondamentali su cui basare la propria attività i seguenti:


–  l'Università è e deve rimanere un “bene pubblico”, accessibile a chiunque sia intenzionato a fruirne;
–  l'Università come “bene pubblico” è una opportunità di crescita per la società;
–  l'Università deve essere potenziata e non smantellata, sia per la ricerca che per la didattica;
–  l'Università è l’insieme inscindibile di ricerca e didattica che operano per il conseguimento di obiettivi  che appartengono a tutta la società. Chi ne è all'interno, in qualunque forma, non può e non deve privilegiare fini privati e/o interessi personali.

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