mercoledì 12 ottobre 2011

Appello per le lezioni sulla crisi e i referendum sugli statuti in tutte le università


Un nuovo anno accademico sta per iniziare, l'università che si presenta agli occhi di quegli studenti che per la prima volta varcano le porte dei nostri Atenei è un luogo sempre più svuotato delle sue funzioni principali, dove la stessa ragione sociale della sua esistenza, la possibilità di sviluppare una didattica di qualità e aperta a tutti e una ricerca libera, viene messa in discussione.
L'applicazione della riforma Gelmini e i tagli di Tremonti delineano un processo di distruzione dell'università pubblica, di precarizzazione estrema della ricerca, di smantellamento del diritto allo studio. Il piano ormai chiaro – e in larga misura condiviso in maniera bipartisan – è creare un sistema di “eccellenza” blindato, caratterizzato da numero chiuso e didattica non retribuita, le cui anime siano lo sfruttamento del lavoro intellettuale, sia esso fornito da personale precario o di ruolo, e la competizione. Il blocco delle carriere e del reclutamento, l'espulsione di migliaia di precari dalle università, l'accentramento dei poteri decisionali nelle oligarchie baronali sta riducendo gli spazi di democrazia negli atenei, tutto questo mentre il numero degli iscritti all'università è in costante ribasso, il diritto allo studio vuole essere trasformato in un sistema di prestiti d'onore caratterizzato dall'indebitamento precoce, gli economisti studiano ricette sempre nuove per scaricare il finanziamento pubblico all'università sugli studenti chiedendo loro di pagare rette di 10.000 euro l'anno, e il mercato del lavoro è un deserto di precarietà.  
A questo processo i Rettori collaborano alacremente: a luglio la Conferenza dei Rettori (Crui) ha chiesto al ministro Gelmini la libertà di alzare indiscriminatamente le tasse agli studenti, rimuovendo il vincolo che impone un tetto massimo pari al 20% del finanziamento statale, di poter superare la stessa Legge 240 per utilizzare gratuitamente i ricercatori di ruolo per la didattica, di eliminare il limite di 40.000 euro di reddito annuo ai lavoratori autonomi al fine di offrire contratti di insegnamento gratuito ai ricercatori precari. 
Contro tutto questo l'anno scorso noi studenti, dottorandi, ricercatori, professori, precari e strutturati ci siamo opposti con forti mobilitazioni dentro e fuori gli atenei, salendo sui tetti, occupando monumenti, rendendoci indisponibili, gridandolo nelle strade delle nostre città. In piazza c'erano soprattutto due generazioni: dai ventenni ai quarantenni, le stesse generazioni che sono da tempo estromesse dalla società e dalla politica italiane. 
Riconosciamo come l'attacco all'università pubblica non sia un fatto isolato, ma al contrario inserito all'interno del contesto di crisi economica, sociale e democratica che le nostre generazioni stanno vivendo.

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