domenica 28 ottobre 2012

FEDERCONSUMATORI - III rapporto sui costi degli atenei italiani

Comunicato Stampa
26/10/2012
Università: III rapporto sui costi degli atenei italiani – I parte. Le rette crescono del +7% rispetto allo scorso anno. Paradossalmente aumentano in misura maggiore quelle per i redditi più bassi.
 

Prosegue l’attività di monitoraggio dei costi degli Atenei da parte della Federconsumatori. Per il terzo anno consecutivo, infatti, l’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha realizzato un’indagine sulle tasse applicate dalle Università italiane, prendendo in esame le rette annuali in riferimento ad alcune fasce di reddito standard e svolgendo i calcoli secondo modelli e formule indicati dagli Atenei stessi. Nelle prossime settimane seguirà la II parte della ricerca, relativa al costo della vita per gli studenti in sede e fuori sede.
 
Rispetto allo scorso anno accademico emerge un notevole incremento delle tasse universitarie.
Mediamente l’aumento rispetto al 2011 è del +7%, pari ad un aggravio di 70,68 Euro.
Paradossalmente sono i redditi più bassi a subire i rincari maggiori.
Per la prima fascia, l’aumento è stato dell’11,3%, attestandosi invece al 10% per gli studenti che appartengono alla seconda fascia e al 2,8% per chi fa parte della terza. I costi per la penultima e per l’ultima fascia, infine, sono aumentati rispettivamente dell’1,1% e del 5,5%.
Aumenti che certamente non favoriscono la formazione dei giovani e che dimostrano la scarsa volontà di investire nel futuro del nostro Paese, già testimoniata dalla grave carenza di risorse per la ricerca e l’innovazione.
 
L’esito della ricerca ha dimostrato che, come già rilevato nei due Rapporti precedenti, ad imporre tasse particolarmente salate sono le Università del Nord Italia: rispetto alla media nazionale, costano l’8,40% in più se si prende in esame la fascia più bassa e addirittura il 30,42% in più considerando gli importi massimi. Da notare, inoltre, il corposo divario tra gli Atenei settentrionali e quelli meridionali: mediamente, questi ultimi richiedono spese inferiori del 16,7% per la prima fascia e del 44,3% per la fascia più alta.
Il primato per la retta più cara va, ancora una volta, all’Università di Parma: per frequentarla, gli studenti devono pagare tasse annuali minime di 931,92 Euro per le Facoltà umanistiche e di 1047,74 Euro per quelle scientifiche.
 
Nell’analisi, infine, non si può non considerare la grave incidenza dell’evasione fiscale, poiché il calcolo delle tasse universitarie si basa sulla dichiarazione dei redditi.
Questo fenomeno, unito alla diminuzione degli investimenti destinati alla pubblica istruzione, sta facendo crescere progressivamente il numero di studenti che rientrano nelle fasce più basse, provocando quindi una diminuzione delle risorse da distribuire: ad essere penalizzati, quindi, saranno coloro i quali hanno davvero bisogno di usufruire dell’istruzione pubblica senza spendere una fortuna.
Sono infatti numerose le famiglie monoreddito di lavoratori autonomi – dai gioiellieri ai ristoratori – che rientrano nella seconda fascia ISEE/ISEEU considerata (reddito fino a 10.000 Euro) e che quindi pagano contributi relativamente bassi.
“In questo modo il figlio di un operaio specializzato finisce per pagare imposte superiori a quelle che vengono richieste al figlio di un orafo o di un pellicciaio.” – dichiara Rosario Trefiletti, Presidente Federconsumatori.  

giovedì 25 ottobre 2012

SU LA TESTA RICOMICIO DA TE

LINK: proposte concrete

 
 "Le stesse università di Oxford e di Cambridge, che a detta di Adamo Smith erano corrotte e inefficienti, si rinnovarono ed ebbe inizio quello sviluppo che ora tutti conoscono. 
Fu un piccolo gruppo di Puritani (quarantadue) che nel 1620 s’imbarcò sulla nave «Mayflower» per andare in America, nel New England, per trovare la libertà (in patria erano perseguitati).
Fondarono una comunità che escludeva ogni vincolo feudale per le terre e dava preminenza alla cultura (ne parlano a lungo Smith e Tocqueville). 
Senza i Puritani, gli Stati Uniti non sarebbero oggi quello che sono, compresa la forza militare, che è prodotta dalla cultura. (Ciò non toglie che l’America di Bush non mi piace affatto, ma non durerà.) 
Il New England condizionò in seguito lo sviluppo del Nord degli Stati Uniti, mentre nel Sud andarono – com’era la regola nelle colonie – gli avventurieri, per far soldi prima con le miniere e poi con le produzioni tropicali, dove impiegarono largamente gli schiavi neri.
L’esempio inglese dei Puritani può rincuorarci?
Sì, se però ci rendiamo conto che ci dovremo dare da fare con grande impegno e a lungo, per uscire dall’abisso di abiezione in cui siamo precipitati. 
In Italia un substrato di civiltà esiste: in alcune categorie sociali, specialmente tra i contadini medi e fra certi strati di operai e di piccoli imprenditori, ci sono persone che possono aiutare la ripresa. 
Occorrono però gli intellettuali: in tutti i paesi ci sono i servi, gli opportunisti e gli intellettuali che si espongono. 
Questi ultimi da noi sono assai più rari che nei paesi civili. 
La speranza è che, man mano che lo stato di abiezione in cui oggi ci troviamo diviene evidente a tutti, cresca il numero degli intellettuali disposti a rischiare, e che si facciano vivi, dopo aver tanto sofferto, tutti coloro che, nella politica e nella società civile, si oppongono a Berlusconi e ai berlusconiani di ogni tendenza: solo così potremo riprendere il cammino dell’incivilimento."

Paolo Sylos Labini

 


MANIFESTO PER LA LIBERAZIONE DEI SAPERI

Hanno imprigionato i saperi. Li hanno ingabbiati. Hanno costruito recinti, barriere; hanno cercato di renderli scarsi, competitivi, servi di questo modello economico e finanziario che ha prodotto solo crisi, fondato sulle diseguaglianze per molti e ricchezza per pochi. I recinti sono i processi di privatizzazione, i brevetti, la competitività e la precarizzazione per chi produce saperi; le gabbie sono quelle troppo poche risorse spese in ricerca per produrre armi, macchine inquinanti, per generare diseguaglianze, per disegnare una società di subalterni alle logiche del pensiero unico: quello dell’economia sopra la società. Il movimento studentesco non può restare fermo di fronte  a questo scenario.
Costruire un manifesto per la liberazione dei saperi vuol dire pensare, al tempo della crisi, di ristabilire come priorità il rilancio del ruolo dei saperi nella società per costruire un diverso modello di sviluppo. L’accesso alle conoscenze limitato a pochi, i processi di privatizzazione di scuole e università, un nuovo feudalesimo dei saperi legati al mercato del lavoro, la precarizzazione di ricercatori, docenti e del mondo della produzione cognitiva ci consegnano un modello di società diseguale in cui i saperi sono piegati alla logica della competizione e di una produzione basata sullo sfruttamento delle risorse umane e ambientali. Viviamo scuole e università dove si tende ad insegnare un “pensiero unico” economico, storico, giuridico, dove la conoscenza viene quantificata, tramite una valutazione fittizia, nella forma dei crediti. In questo contesto, la lotta delle studentesse e degli studenti, dei dottorandi, ricercatori e docenti, di tutto il mondo della formazione e della produzione sociale dei saperi deve costruire un tessuto largo e nuovo di rifiuto dello status quo in cui in questi anni ci hanno condotto politiche scellerate di tagli e privatizzazioni. Ma questo non basta.
E’ il momento di cominciare a costruire un piano di rilancio del valore pubblico dei saperi e della loro natura pubblica e slegata dalle logiche del modello economico e produttivo. Si tratta di una lotta d’attacco capace di ripubblicizzare scuole e università, svuotati dalla loro natura pubblica e dati in pasto ai privati con la politica di tagli e dequalificazione dei processi formativi. Vogliamo che il sapere torni ad essere il luogo e il tempo dell’emancipazione collettiva, che la produzione cognitiva, la ricerca, la creazione di pensiero sia costruita attorno ad un modello di società che rifiuti la guerra, lo sfruttamento ambientale e che metta al centro la libertà come valore collettivo basata sulla giustizia sociale e l’eguaglianza sostanziale per tutte e tutti.
Liberare i saperi significa lottare per costruire uguaglianza sociale e di genere, liberando le diversità di genere, di capacità, di pensiero, vuol dire pensare ad un nuovo modo di pensare le relazioni, l’economia, la democrazia e la vita. Il Manifesto della liberazione dei saperi, è una forma dinamica e collettiva, uno spazio di discussione aperto, con cui vogliamo costruire un dibattito sul valore dei saperi, dei luoghi della formazione, della loro radicale centralità nella trasformazione della società. I saperi sono frutto di un atto cooperativo e sociale; i saperi sono processi ibridi, informali, ma soprattutto non sono recintabili.

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mercoledì 24 ottobre 2012

ROARS - La fuga senza ritorno dei ricercatori italiani (Posted by Paolo Valente, 21 ottobre 2012)

Nel dibattito sul tema della perdita di talenti si sostiene spesso che la mobilità dei ricercatori è positiva, poiché permette di arricchire il bagaglio individuale e favorisce la circolazione delle idee: “andate e crescete (professionalmente)”
 In effetti è vero che la propensione alla mobilità aumenta con il livello di istruzione e specializzazione: dei 60 milioni di persone che vanno a lavorare all’estero nei paesi OCSE circa un terzo ha una laurea. 
 Se si considerano solo i ricercatori, in media il 40% va a lavorare in un paese diverso da quello in cui è stato educato. Percentuale che sale al 50% se si considerano gli scienziati più citati.
Niente di cui preoccuparsi, dunque? 
Non proprio. 
Come spesso capita, per comprendere davvero un fenomeno occorre quantificarlo, misurarlo. E anche se la statistica spesso spaventa, la percentuale più semplice e significativa è la differenza tra ricercatori in entrata (educati in un altro paese), rispetto a quelli in uscita: il bilancio del talento. Ed è questo bilancio, che per l’Italia è in forte perdita, a darci le proporzioni della “fuga”: 3% in ingresso contro il 16.2% in uscita, ovvero un deficit che segna -13%. 
Le percentuali sono invece in pareggio, come per la Germania, positive – clamorose Svizzera e Svezia, ampiamente oltre il +20%, abbastanza bene Regno Unito (+7.8%) e Francia (+4.1%) – oppure in perdita assai più lieve, come la Spagna circa al -1% (7.3%-8.4%). 
Per trovare un bilancio nettamente peggiore dell’Italia dobbiamo, infatti, prendere in considerazione l’India, con meno dell’1% di ricercatori stranieri in ingresso contro quasi il 40% in fuga.


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domenica 21 ottobre 2012

CHI SFASCIA LA SCUOLA - L'UNIVERSITA' - LA RICERCA ?


Un Governo di tecnici spalleggiato da mandanti armati di buona volontà che tratta la Scuola, l'Università e la Ricerca in perfetta continuità con il Governo che lo ha preceduto.

Tre istituzioni per Noi sacre e di cui essere orgogliosi, umiliate alla stregua dell'immagine un poco particolare che ben descrive lo "spettacolo" offerto.

Si suggerisce la lettura di alcuni testi che riteniamo in grado di far capire come le 3 istituzioni siano oggetto di sciempio con azioni di segno inverso a quello che il buon senso consiglierebbe.




S C U O L A

COME SFASCIARE L'ISTITUZIONE IN 12 MOSSE
(Il Sussidiario, 18 ottobre 2012)


Il ministro Profumo lancia un “patto” per la scuola. Un “patto” è qualcosa che presuppone un confronto, un accordo e allora è sembrato che fosse venuta l’ora del dialogo e, in questo spirito, ho commentato l’intervista del ministro al Messaggero in cui egli lanciava questa idea del “patto”.
Poi ho letto la frase pronunciata dallo stesso ministro alla convenzione Diesse e commentata sul Sussidiario da Fabrizio Foschi: «La scuola, come luogo fisico, diventerà un ambiente di interazione allargata e di confronto, che mano a mano supererà gli spazi tradizionali dell’aula e dei corridoi. La immaginiamo come un vero e proprio Hub della conoscenza. Aperto agli studenti e alla cittadinanza, centro di coesione territoriale e di servizi alla comunità, un vero e proprio centro civico».
L’ho letta e mi sono detto che è troppo, francamente troppo.
Dice cortesemente il titolo dell’articolo di Foschi che al centro civico di Profumo mancano le parole “educazione” e “docente” . Nel testo si dice che la scuola è un’altra cosa. Infatti, al “centro civico” di Profumo manca semplicemente la scuola.

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U N I V E R S I T A'

L’UNIVERSITA' ITALIANA NON E' TUTTA DA BUTTARE  
di Francesco Sylos Labini  25 aprile 2012, "Il Fatto Quotidiano"


( ... omissis ... )

L’inesorabile sottofinanziamento del sistema universitario italiano porterà in breve tempo anche all’esaurimento di formazione di giovani preparati che hanno successo all’estero. Con il blocco delle assunzioni che si prospetta con i nuovi decreti che il governo sta discutendo in questi giorni, si interromperà un ciclo di trasmissione di conoscenze per mancanza di nuove leve. Un danno drammatico a cui ci vorranno lustri per porre rimedio. In un momento così grave non solo per l’università ma per il paese conviene riflettere su quanto scrisse Albert Einstein: “ In tempi di crisi la gente è generalmente ignara di tutto quello che è fuori dalle sue immediate  necessità ….   Come regola generale, il sapere e i metodi che crea perseguono gli scopi pratici solo indirettamente e, in molti casi, non prima che siano trascorse diverse generazioni.  Laddove la ricerca scientifica viene bloccata, la vita intellettuale della nazione si inaridisce, il che significa il prosciugamento di tante possibilità di futuro sviluppo. Ecco quello che dobbiamo prevenire”.


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R I C E R C A

GLI ENTI DI RICERCA INUTILI

16 ottobre 2012 di Paolo Valente su "L'Unità".

Il disegno di legge (DDL) di stabilità appena inviato dal Governo al Parlamento rappresenta un nuovo capitolo dei sacrifici che il nostro Paese deve affrontare per sistemare i conti pubblici. Si tratta di una manovra ancora una volta pesante: circa 12 miliardi di Euro, con misure nel campo di sanità, pubblico impiego, lavoro.
Tra le tante norme, nella prima bozza del DDL c’era un articolo, l’art. 11, che ha provocato le non clamorose ma qualificate proteste dei ricercatori degli enti di ricerca pubblici: si prevedeva infatti di sciogliere i dodici istituti che si occupano di ricerca nell’ambito del Ministero dell’istruzione, università e ricerca (MIUR), per poi ricostruire un unico ente multidisciplinare, una sorte di super-CNR, con la parallela istituzione di due nuove amministrazioni, ovvero due agenzie (per il finanziamento della ricerca e per il trasferimento tecnologico), con il contestuale assorbimento di altri enti come ASI, ISPRA e ENEA.

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Di seguito l'art.11 citato










giovedì 18 ottobre 2012

Dal 15 al 21 ottobre...una settimana per il reddito garantito!

Nel giugno scorso un'ampia coalizione di associazioni, reti sociali, partiti, movimenti, comitati, collettivi ha lanciato la campagna per un reddito minimo garantito in Italia. Una campagna nata intorno ad una proposta di legge di iniziativa popolare che intende istituire anche nel nostro Paese una garanzia per il reddito per coloro che sono precari, disoccupati e inoccupati, oggi soprattutto giovani, donne e Working Poor.
Una campagna che vuole rilanciare quelle fondamenta di un modello sociale europeo che le politiche neoliberiste hanno minato, per un Welfare universale che garantisca misure di sostegno alle persone, per rilanciare politiche di redistribuzione delle ricchezze e mettere al centro del dibattito politico le garanzie, i diritti, le libertà di scelta delle persone.

La proposta di legge di iniziativa popolare per il reddito minimo garantito in Italia lanciata a giugno (e che continua a raccogliere adesioni e sostegno) terminerà a dicembre: l'obiettivo minimo è raggiungere almeno 50 mila, ma si può fare di più! Raccogliere migliaia e migliaia di firme significa dare un segnale politico e sociale importantissimo, sia alla società che alla politica italiana. Ma non solo: questa campagna rende possibile l'opportunità di discutere di reddito e diritti, di parlare alla società, nelle strade, piazze, università, luoghi di lavoro, con i giovani, le donne, i precari, gli studenti. In poche parole, una grande opportunità di comunicazione e iniziativa sociale che dia maggior forza ad una nuova stagione di diritti a partire dal reddito garantito.

Per questo, oltre le tante iniziative già realizzate durante questi mesi e promosse dai partecipanti alla campagna, riteniamo importante proporre la realizzazione di un evento comune: "LA SETTIMANA PER IL REDDITO GARANTITO" dal 15 al 21 ottobre.

http://www.redditogarantito.it/
Video prodotto da European Alternatives.
Illustrato da Sara Tarquini, motion graphic e animazione di Riccardo Chiara. Musiche di David Fanfano.
Scritto e diretto da Severine Lenglet, Cecilia Anesi e Giulio Rubino, con la supervisione di Alessandro Valera, Lorenzo Marsili e Niccolo Milanese.


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mercoledì 17 ottobre 2012

VECCHIONI CI METTE LA FACCIA E LE PAROLE






Il prof. Roberto Vecchioni (per trent’anni insegnante di greco, latino, italiano e storia in vari licei classici di Milano e di Brescia per poi passare all’insegnamento universitario) ci mette la faccia e le parole , ma non è un "tecnico al Governo" e altri colleghi dovrebbero ricordarsi che "quello che non è mai cambiato è il valore dello studio ..." peccato però che purtroppo nei fatti sembra che tutti gli atti governativi da qualche anno siano di segno opposto.



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lunedì 15 ottobre 2012

LINK A ROARS - LETTERA APERTA PER LA RICERCA


Illustre Presidente Napolitano, 
Illustre Ministro e Collega Profumo,

l’emergenza economico-finanziaria che ha colpito buona parte del mondo occidentale e che sta producendo danni gravissimi sulla stabilità socio-economica dei Paesi coinvolti, Italia inclusa, richiede una riflessione profonda su alcuni elementi strutturali che oggi rappresentano l’ostacolo principale al recupero della nostra competitività. 

Tra questi elementi c’è senza alcun dubbio la scelta di un “modello di sviluppo senza ricerca” perseguito negli ultimi 30-40 anni: ci hanno assistito, a fronte di questa sostanziale assenza, fattori di complemento come la svalutazione, il basso costo del lavoro, alcune eccellenze manifatturiere, etc., che oggi non sono più in grado di sostenerci.

Da molti anni, anche grazie al Suo convinto sostegno, Presidente Napolitano, e molto spesso con la Sua adesione, Ministro Profumo, abbiamo chiesto a gran voce un sostanziale cambiamento di strategia negli investimenti e nella cultura del Paese a favore del sistema ricerca e innovazione.

Abbiamo denunciato l’inadeguatezza dei parametri strutturali di questo settore che conta un numero di ricercatori, raffrontato al numero totale di lavoratori italiani, di circa la metà rispetto alla media europea; un’irrisoria percentuale di PIL dedicata; una caratterizzazione del sistema industriale, tanto rispetto alla specializzazione produttiva quanto rispetto alla misura aziendale, poco compatibile con gli investimenti in ricerca. Abbiamo ritenuto nostra responsabilità coinvolgere le Istituzioni del Paese e offrire la nostra piena disponibilità a collaborare per trasformare questi elementi strutturali.

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mercoledì 10 ottobre 2012

ODIO GLI INDIFFERENTI



Credo che vivere voglia dire essere partigiani. 
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. 
L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. 

È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. 
Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. 
Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. 
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. 

Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. 
E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. 
E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. 
Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. 
Vivo, sono partigiano. 
Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917


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