sabato 28 gennaio 2012

Una lettera così non sarà mai sottoscritta dai rettori degli Atenei del FVG. Indovinate perchè ?



Lettera aperta a S. E. il Ministro
dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca
P.zza Kennedy, 20
00144 R O M A


Signor Ministro,
lo scorso 14 dicembre il Suo Ministero ha diffuso i dati sulla dotazione di Fondo di Funzionamento Ordinario (F.F.O.) assegnata ai singoli atenei pubblici nazionali, elaborati in base al Decreto
Ministeriale emanato dal Suo predecessore. La cosiddetta “quota
premiale” del Fondo, quest’anno portata al 12% del totale, comporta, come da normativa, premialità e penalizzazioni finanziarie per gli atenei, cosiddetti, “virtuosi” e “non virtuosi”.
La distribuzione geografica delle due categorie di università è tutt’altro che casuale: se si suddividono i 54 atenei valutati in due
gruppi di pari numerosità, ubicati rispettivamente a nord ed a sud del parallelo passante per Foligno, si ottiene la seguente situazione: dei 27 atenei centro-meridionali solo 2 appaiono, peraltro piuttosto
marginalmente, “virtuosi”, mentre delle 27 università del centro-nord ben 23 rientrano in questa “fortunata” categoria. Questo dato potrebbe prestarsi ad interpretazioni fantasiosamente “antropologiche” (che ci auguriamo Lei voglia rigettare), ma può essere – invece – molto più correttamente interpretato guardando a come è ripartito il totale del Fondo, portando in conto, cioè, il restante 88% (86,5%, al netto della quota di cui all’art.11, c.1, della L. 240/2010).
Il Fondo “storicamente” assegnato dal Ministero ai singoli atenei,
infatti, presenta differenze e sperequazioni assolutamente ingiustificabili, se è vero che l’università meglio finanziata riceve (dati 2010) quasi 6.500 € a studente, mentre la meno supportata deve accontentarsi di poco più di 2.200 €, di circa un terzo, cioè. Come a Lei è ben noto, tali differenze hanno origini, appunto, “storiche”, di molto precedenti alla recente introduzione di criteri meritocratici di premialità, configurandosi quindi come vere e proprie, ingiustificabili, sperequazioni.
E’ evidente che, a fronte di premesse così differenziate, i risultati delle valutazioni di merito sui risultati conseguiti non possono che risentire delle differenti condizioni di partenza. Ed infatti, il confronto tra le due classifiche, di “virtuosità” da una parte e di finanziamento storico dall’altra, risulta particolarmente illuminante: dei 27 atenei sovrafinanzati rispetto alla mediana nazionale (dati 2010) solo 8 hanno sede al centro-sud, e, naturalmente, dei 27 atenei sotto finanziati solo 8 sono del centro-nord.
Da questi dati si può quindi razionalmente, ed inconfutabilmente,
dedurre che, in media, gli atenei che ricevono la maggiorazione di
F.F.O. non sono sovrafinanziati perché “virtuosi”, ma risultano (a
questo punto, solo apparentemente) “virtuosi” (cioè con performance superiori alla media) proprio in quanto già preliminarmente sovrafinanziati!
Tale oggettiva e incontestabile sperequazione, che si ripropone, in
termini sempre peggiori (via via che la cosiddetta quota premiale viene aumentata) da tre anni, ha ormai raggiunto livelli di assoluta
insopportabilità, in quanto sta mettendo in discussione la stessa
sopravvivenza di un sistema universitario nazionale, a servizio
dell’intero paese, e non solo delle regioni centro-settentrionali.
La situazione, già grave, è ulteriormente peggiorata dalle discutibili modalità con le quali sono stati finora definiti i criteri ed i pesi dell’algoritmo di premialità: nel merito, in quanto (ad esempio) nella didattica si premia la facilità di superamento degli esami e non la qualità della formazione ricevuta, e nella ricerca si portano in conto solo alcuni capitoli di finanziamento nazionale ed europeo, e non altri, e si ignorano gli indicatori bibliometrici internazionali di produttività scientifica. E nel metodo, poiché criteri e pesi vengono rivisitati ogni anno, e sempre a posteriori, il che vanifica ogni seria volontà di management by objective da parte degli atenei.
E’ appena il caso di ricordare, inoltre, che alle sperequazioni nella distribuzione del finanziamento ordinario si sommano le enormi differenze tra i livelli di tassazione sopportabili dalle rispettive popolazioni studentesche e tra i contributi offerti, alle università
locali, dai rispettivi territori: in primis da parte degli enti locali e delle fondazioni bancarie, notoriamente molto più ricchi nelle regioni centro-settentrionali di quanto accada nel meridione d’Italia. Di tali differenze dovrà tener conto anche il nuovo criterio di valutazione della sostenibilità economico-finanziaria, destinato a sostituire l’attuale “regola del 90%”, se si vogliono evitare ulteriori
discriminazioni a danno degli atenei ubicati nelle regioni più povere,
premiando (paradossalmente) chi ha potuto e voluto applicare tasse
studentesche più elevate, anche oltre il limite di legge del 20% del
F.F.O..
Siamo naturalmente consapevoli del fatto che tutte le anomalie sovra evidenziate hanno cause ben precedenti al recentissimo inizio del Suo mandato, e confidiamo nella Sua universalmente apprezzata esperienza e competenza in materia perché voglia al più presto intervenire per porre rimedio a questa situazione, che rischia di trasformare la premialità meritocratica (della cui indifferibile necessità siamo tutti profondamente convinti) in arbitraria discriminazione.

In particolare, le chiediamo di:
- introdurre un contributo standard per studente, a valere su tutto il territorio nazionale, al fine di uniformare in termini equitativi la distribuzione della cosiddetta “quota storica” del F.F.O.;
- stabilire criteri di valutazione della premialità equi, condivisi con la comunità accademica, e – soprattutto – preventivamente noti e stabili su orizzonti temporali pluriennali;
- sospendere, nelle more dell’introduzione del contributo standard
per studente e della definizione del “nuovo sistema” di valutazione, l’applicazione della quota premiale del F.F.O. 2012, che se fosse effettuata “sulla base dei criteri e dei parametri utilizzati nell’anno 2011”, così come preannunciato nella Sua nota del 30/12 u.s., porterebbe ad ulteriori insopportabili esasperazioni delle sperequazioni innanzi denunciate.

E’ appena il caso di farLe notare che tutti questi interventi
sarebbero “a costo zero”: non richiedendo infatti risorse aggiuntive
rispetto a quelle disponibili, che sono – vogliamo ricordarlo –
complessivamente scarsissime, anche a seguito di passate scelte
politiche che hanno deciso di mortificare il sistema universitario in
termini molto più pesanti di quanto sia stato fatto per tutti gli altri
settori pubblici.
Siamo pertanto fiduciosi che Ella vorrà dedicare a questa nostra
istanza l’attenzione richiesta dalla drammaticità della situazione in
cui tanti atenei nazionali, soprattutto – ma non solo – nel Mezzogiorno, versano per motivi assolutamente indipendenti dalla volontà e dall’impegno dei rispettivi organi accademici e del personale tutto: è in gioco la sopravvivenza del sistema universitario pubblico, unico garante dei diritti costituzionali di accesso dei “capaci e meritevoli” ai gradi più alti dell’istruzione e motore di sviluppo dei territori in cui i singoli atenei sono radicati.


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